Ci ha lasciato in queste ore il professor Aldo Loris Rossi. E’ stato ispiratore di campagne radicali sul tema ambiente e urbanistica, e molto vicino a Marco Pannella. Lo vogliamo ringraziare per l’insegnamento incessante e appassionato che ci ha dato, anche attraverso la partecipazione agli eventi della nostra associazione, a partire da una delle prime edizioni della “Scuola Luca Coscioni”.
*****
Pubblichiamo l’intervento di Aldo Loris Rossi, in dialogo con Marco Valerio Lo Prete, per il primo numero della rivista, dell’Associazione Luca Coscioni, Luca (https://issuu.com/agendacoscioni/docs/luca_1_unico)
CURARE LE NOSTRE CITTÀ PER USCIRE DALLA CRISI.
Per uscire dalla peggiore crisi economica che abbia colpito il pianeta negli ultimi ottanta anni, dobbiamo iniziare curando i mali che affliggono le nostre città. E ipotesi di soluzione ce le fornisce una rivoluzione in corso nel pensiero filosofico e scientifico. Parola di Aldo Loris Rossi, architetto italiano, allievo e amico di Bruno Zevi, docente di Progettazione architettonica all’Università di Napoli, oltre che animatore dell’Istituto italiano per gli studi filosofici. La conversazione muove da un manifesto dell’Unione internazionale degli architetti approvato nell’estate 2008, cioè alla vigilia del crac della banca d’affari Lehman Brothers al quale si fa convenzionalmente risalire l’inizio della recessione: “Già quattro anni fa denunciammo l’insostenibilità del modello economico attuale – dice Aldo Loris Rossi –. Noi architetti d’altronde abbiamo antenne particolari. Abbiamo il controllo di fenomeni che avvengono sul territorio e che non sono altro che il terminale di problemi economici e sociali profondi”. Lo studioso napoletano indica da tempo l’“esplosione demografica e megalopitana” come uno dei sintomi più allarmanti del fallimento “del paradigma meccanicista e del mito dello ‘sviluppo illimitato’”: “Quando io sono nato, negli anni Trenta del Novecento, sulla Terra eravamo due miliardi. Ottant’anni dopo, siamo già in 7 miliardi. È un’espansione senza precedenti”. Aldo Loris Rossi invita, in alternativa, a prendere in considerazione l’ormai celebre “impronta ecologica”, l’indicatore ideato alle metà degli anni Novanta da Mathis Wackernagel e che misura l’area di terra e mare teoricamente necessaria a rigenerare le risorse consumate da una certa popolazione: “L’impronta ecologica dell’antica Roma era ampia quanto il bacino del Mediterraneo. Quella degli Stati Uniti di oggi è vasta come tre pianeti terra messi assieme. Il modello di sviluppo consumistico ha una voracità eccessiva di energie e territori. L’espansione permanente e incontrollata delle città, sempre più invivibili, ne è l’ennesima dimostrazione”. Per questo “la crisi economica attuale, incubata a lungo, non fa che annunciare definitivamente la difficoltà di continuare a lungo con questo metodo di sviluppo”. Siamo dunque alla celebrazione della decrescita? La crisi già oggi sta deprimendo il pil pro capite di molti Paesi, a partire dal nostro, e questa strada non suscita molto consenso. Figurarsi se poi possiamo chiedere ai paesi emergenti di contenere reddito e benessere. “Serge Latouche, teorico della decrescita, esagera come accade a ogni neofita. È evidente che non possiamo tornare all’età della pietra, che in futuro vorrò essere in grado di sviluppare microscopi sempre più potenti e di osservare l’universo con sempre maggiore dettaglio. In realtà una svolta critica è avvenuta molto prima di Latouche e delle sue ricerche degli anni ’80 e ’90. Risale agli studi del Club di Roma e del Mit di Boston tra 1968 e 1972 e alla celebrazione della prima Giornata della Terra il 22 aprile 1970”. È in quegli anni che emerge “la consapevolezza di dover superare il paradigma meccanicista. Finora per analizzare la realtà abbiamo utilizzato un sistema analitico-riduttivo. Abbiamo ‘spezzettato’ certi fenomeni fino a ridurli a problemi sempre più minuti e quindi più facilmente risolvibili. Così, però, perdiamo di vista le relazioni tra le parti. Per riconoscere i limiti dello sviluppo prima di distruggere il pianeta e quindi noi stessi, invece, dobbiamo passare a un paradigma ‘ecologico’, per definizione ‘a rete’”. D’altronde, sostiene Aldo Loris Rossi, è quanto sta avvenendo nel mondo della scienza: “In molti sostengono che il ventesimo secolo sarà ricordato, da un punto di vista scientifico, per gli studi su meccanica quantistica, teoria della relatività e scienza del caos. Quest’ultimo approccio si fonda sul ‘paradigma a rete’ che ormai organizza gli sforzi di quanti studiano in settori d’avanguardia come la cibernetica, la biologia olistica, la meteorologia, la biologia, l’ecologia”. Addio mero meccanicismo, dunque. Avviata “una rivoluzione culturale” di questa portata, conclude Aldo Loris Rossi, “potremo iniziare a curare le nostre città, in generale temperando gli eccessi della tecnosfera che danneggiano l’ecosfera”. Di come agire politicamente, fuor da metafora filosofica o architettonica, ne parleremo tra qualche settimana.
L’Associazione Luca Coscioni è una associazione no profit di promozione sociale. Tra le sue priorità vi sono l’affermazione delle libertà civili e i diritti umani, in particolare quello alla scienza, l’assistenza personale autogestita, l’abbattimento della barriere architettoniche, le scelte di fine vita, la legalizzazione dell’eutanasia, l’accesso ai cannabinoidi medici e il monitoraggio mondiale di leggi e politiche in materia di scienza e auto-determinazione.