Il proibizionismo ha fallito: qualcuno lo dica al Governo Giallo-Verde

Lo slogan “Support Don’t Punish” accompagna la ricorrenza della Giornata internazionale contro l’abuso e il traffico illecito di droga, per ricordare che le politiche di proibizione e di severità nel reprimere il consumo di droghe non hanno portato, fin qui, niente di buono.

A dimostrazione di ciò, basti pensare che il consumo di droghe a livello mondiale è aumentato, le narcomafie sono sempre un passo avanti alle autorità per quanto riguarda le strategie di traffico, le rotte della droga sono sempre più affollate ed ogni anno vengono inondate di nuove sostanze psicoattive i cui effetti sono fuori controllo e sconosciuti anche agli operatori del settore.

Secondo il rapporto 2016 dell’UNODC, 250 milioni di persone di età compresa tra i 15 e i 64 anni, ha fatto uso di sostanze stupefacenti nel 2014. Circa 29 milioni di persone soffre di disturbi legati all’uso di queste sostanze. 11.7 milioni di persone hanno assunto ed assumono droga per via endovenosa.  I dati del 2014 mostrano che 1,6 milioni di persone tossicodipendenti sono  affette da HIV.

Solo uno su sei, tra i consumatori di stupefacenti in tutto il mondo, ha accesso alle cure e sebbene i decessi da overdose siano prevenibili, il rapporto dell’UNODC ha registrato la morte di 207.000 persone affette da tossicodipendenza nel 2014 a causa del sovradosaggio di sostanze illecite. Questo potrebbe già essere sufficiente a mostrare la gravità della situazione.

A rendere il quadro ancora più tragico intervengono le notizie di cronaca in arrivo da tutto il mondo: solo per citare i casi più recenti, sia le Filippine che il Pakistan, sulla scia dei vecchi regimi, stanno contribuendo alla recrudescenza della “guerra alla droga” con uccisioni di massa. In questi paesi la “riduzione del danno” è una terminologia più che sconosciuta.

Ma ritorniamo in Italia, dove il 26 giugno al Senato è stato presentato il IX Libro Bianco sulle droghe: da 27.718 consumatori del 2015 a 38.613 del 2017, ovvero +39% in soli due anni. Ecco di cosa parliamo.

Il consumo di sostanze tra i minorenni è quadruplicato, raddoppiato per gli adulti. L’Italia è il terzo Paese in Europa dove si consuma più cannabis: si stima che il 33,1% della popolazione l’abbia usata almeno una volta nel corso della vita, una percentuale inferiore solo a Francia (41,4%) e Danimarca (38,4%). Se si considera la sola fascia d’età dai 15 ai 34 anni l’Italia è al secondo posto per consumo: vale però la pena ricordare che la percentuale di morti per utilizzo di cannabis nel mondo è pari a 0, un dato che si tende sempre ad omettere quando si parla dei consumatori della pianta.

Più preoccupante risulta senz’altro il dato sull’uso di cocaina: secondo l’ultimo rapporto europeo pubblicato, l’Italia è il quarto paese tra quelli dell’Unione Europea, preceduta da Regno Unito, Spagna e Irlanda.

Altro dato su cui riflettere è quello relativo agli incarcerati per reati legati agli stupefacenti: il 30% dei detenuti entra in carcere per motivi legati allo smercio di sostanze, un quarto della popolazione in cella è tossicodipendente. Si parla di 14.139 su 48.144 ingressi in carcere nel 2017 con imputazioni o condanne per detenzione ai fini di spaccio.

Sarebbe eccezionale se questi 14.000 detenuti fossero effettivamente “pesci grossi” delle grandi narcomafie. Invece no: si tratta perlopiù di piccoli spacciatori da strada, ultimo anello della “catena alimentare” del mercato della droga.

Continuano inoltre ad aumentare le persone segnalate al Prefetto per consumo di sostanze illecite: quasi l’80% sono consumatori di cannabinoidi (78,69%), in seconda battuta cocaina (14,39%) e eroina (4,86%) e, a seguire, le altre sostanze. Legalizzando la cannabis – come già in moltissimi paesi nel resto del mondo, basti pensare al Sud-America, al Canada e a numerosissimi stati USA – quell’80% delle segnalazioni finirebbe nel dimenticatoio.

Depenalizzando il possesso di sostanze e la cessione gratuita di piccoli quantitativi destinati all’uso personale si svuoterebbero le carceri di 14.000 persone.

Dobbiamo dirci chiaramente che l’attuale legge sulle droghe si conferma il volano delle politiche repressive e carcerarie e che l’inasprimento delle misure, paventato dal Ministro Lorenzo Fontana (parvenue nel mondo delle droghe, che, sbagliando, sembra credere che la “tolleranza zero” sia la via), non condurrà assolutamente ad una riduzione del consumo, ma solo a nuovi casi come quello di Aldrovandi, Uva e Cucchi, solo per citare i più noti.

Il libro bianco nasce proprio per scongiurare il ritorno al passato, per fare un punto realmente politico sulla situazione degli stupefacenti nel nostro paese, e come occasione per rivedere le politiche attuali, ferme ai vecchi modelli di consumo delle sostanze.

Ora che finalmente la “riduzione del danno” (rdd) è stata introdotta nei LEA riabilitando i diritti dei consumatori di sostanze, occorre aprire ai modelli di politiche rdd messi in campo in tutta Europa, come le stanze del consumo e i servizi di consulenza per un uso più sicuro, il drug checking nei luoghi del divertimento e tutti gli interventi di bassa soglia.  

Se questo Governo vorrà veramente impegnarsi nella riduzione dell’uso di sostanze nel paese dovrà per prima cosa accettare che il problema del consumo di droghe esiste e che non vi si mette fine semplicemente con la proibizione, che i modelli dello stesso sono cambiati radicalmente negli ultimi vent’anni e che la storia ha dimostrato questo: a world without drug is not possible.