Il tribunale civile ha dato ragione a Dario Di Francesco, che in sedia a rotelle, non riusciva a risalire in superficie dalla metro: “Scala meccanica e ascensore guasti”
In trappola, sequestrato a bordo della sua sedia a rotelle nel ventre di ferro e cemento armato delle metropolitane capitoline senza un ascensore o un servoscala per risalire in superficie.
Dario Di Francesco ha finalmente ottenuto la sua rivincita: la prima sezione del tribunale civile ha dato ragione al ragazzo, disabile di 22anni, e condannato Atac a restituirgli mille euro per i disagi a cui lo ha costretto per ben due volte. La prima nella stazione Policlinico della linea B. La seconda lungo la tratta A, alla fermata di Furio Camillo.
In entrambe le occasioni, Dario ha dovuto farsi aiutare dagli altri passeggeri per uscire dalla metro nonostante, come scrive il giudice Luciana Sangiovanni, «le stazioni in questione risultano essere indicate nel sito ufficiale Atac come idonee e accessibili alle persone diversamente abili ». Insomma, nessuna scusa: « Il ricorrente — si legge ancora nel dispositivo — è rimasto bloccato all’interno delle fermate in orario di punta (il 21 ottobre 2014 e il 4 giugno 2015, ndr) quando l’azienda avrebbe dovuto garantire il funzionamento degli impianti come previsto dalla normativa di settore relativa alle stazioni metropolitane».
Dunque, la stoccata: « L’obbligo di garantire all’utenza più debole il diritto alla libera e sicura circolazione — diritto di rilevanza costituzionale — non può essere subordinato a condizioni logistiche, organizzative o di carenza di personale ». Il magistrato, che ha messo nero su bianco la condanna, ha infatti individuato una « discriminazione indiretta» ai danni di Dario.
« Spero che lsa sentenza serva far riflettere i vertici Atac — si augura ora Dario — e che ora si facciano sopratutto i lavori per abbattere tutte le barriere architettoniche e per migliorare il trasporto pubblico per i diversamente abili». Il suo caso, infatti, non è isolato.
Le difficoltà dei disabili alle prese con l’underground capitolino sono quotidiane. Questa, poi, è la terza sentenza dello stesso tenore collezionata da Alessandro Gerardi, avvocato e consigliere generale dell’associazione Luca Coscioni. «La decisione del tribunale — spiega il legale — dimostra l‘autentica via crucis che le persone diversamente abili devono affrontare ogni giorno a causa della presenza delle barriere architettoniche ancora presenti in maniera massiccia all’interno delle stazioni della metro. Ostacoli che impediscono a chi soffre di ridotte capacità motorie di accedere ai mezzi di trasporto pubblico».
Il confronto con le altre grandi metropoli europee, a sentire l’avvocato e i suoi assistiti, è impietoso: «Altro che città all’altezza, ormai a Roma le persone con disabilità vivono una situazione non più sostenibile, costrette a spostarsi da un luogo all’altro in modo non autonomo e dignitoso. La sindaca Virginia Raggi e l’intera amministrazione capitolina, azionista di Atac, devono cominciare ad assumersi per intero tutte le loro responsabilità » .
In campagna elettorale non erano mancate le promesse. La sentenza pubblicata ieri dovrebbe riportare alla memoria della giunta M5S, specie ora che il ministero dei Trasporti ha stanziato 425 milioni per rimettere in sesto le linee A e B.