Cara Boschi, sicura che l’emergenza sia la droga da stupro?

Il 26 giugno, in tutto il mondo, si celebra la giornata contro il narco-traffico. Lo slogan che le Nazioni unite hanno scelto per quest’anno è #ListenFirst (prima ascoltare).

Dopo anni in cui si pretendeva un “mondo senza droghe” e si facevano (e purtroppo ancora si fanno) falò di quintali di hashish, oppio o cocaina, l’Ufficio dell’ONU per le droghe e il crimine ha adottato un atteggiamento meno rigido sul problema: ascoltare la voce delle “vittime” (non sia mai) e di chi viene coinvolto, a vario titolo, nella produzione, consumo e commercio delle sostanze proibite in particolare donne e bambini.

Di solito, il 26 giugno, anche se di recente la tradizione non è stata rispettata, il Dipartimento per le Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio pubblica la sua relazione al Parlamento dove descrive la situazione nazionale sulle sostanze e le dipendenze. Quest’anno il documento è stata anticipato in alcune sue parti al seminario “Donne e Droghe: dalla politica alla buona pratica” organizzato dal Dipartimento in collaborazione con il Gruppo Pompidou del Consiglio d’Europa alla presenza della Sottosegretaria Maria Elena Boschi che negli anni scorsi ha firmato il documento a nome del Governo.

Secondo quanto presentato lunedì scorso, “nel 2016 sono stati 143mila i tossicodipendenti seguiti dai servizi pubblici, di questi 19mila erano donne“. L’attenzione sulle donne è sicuramente importante perché, anche a livello internazionale, stanno iniziando a emergere numeri molto preoccupanti relativamente al consumo di stupefacenti da parte femminile e alle difficoltà che queste hanno di accedere ai servizi in paesi in via di sviluppo spesso in virtù del loro status sociale ed economico.

Nel suo intervento al seminario del 26 giugno scorso, la sottosegretaria Maria Elena Boschi ha lanciato l’allarme (l’ennismo ahonoi) denunciando “l’assunzione inconsapevole” di sostanze da parte di “ragazze nei locali” notturni che alla fine, rese incoscienti, sono “violentate”. Secondo l’ex Ministro negli ultimi tempi ci sarebbe stata una “sottovalutazione” del fenomeno. “Noi – ha detto all’ANSA – vogliamo lanciare un campanello di allarme ai giovani che con questi abusi compromettono il loro futuro”. Purtroppo, come spesso accade quando si parla di fenomeni nuovi ma in forte crescita, non son stati presentati i dati a conforto delle preoccupazioni del Governo.

I dati, elaborati indipendentemente, che invece dovrebbero invece preoccupare e occupare il Governo sono stati presentati nell’ottavo Libro Bianco sulle droghe, dove, tra le altre cose, si smonta il mito degli incidenti mortali per guida sotto l’influenza di sostanze, lo 0,6% del totale di incidenti, e si torna a denunciare la spropositata presenza di detenuti nel circuito penitenziario nazionali per motivi connessi alla legge sulle droghe, oltre il 42%. Per quanto riguarda i “giovani”, che comunque non sono i maggiori consumatori di sostanze, le segnalazioni di consumatori ai prefetti registrano, in un anno, un’impennata del 237% fra i minorenni. E meno male che la Corte Costituzionale nel 2014 aveva cancellato buona parte della legge Fini-Giovanardi!

Il Libro Bianco infine denuncia che in 27 anni di applicazione della Jervolino-Vassalli prima e del suo peggioramento proibizionista e punizionista del 2006, sono state segnalate ai prefetti oltre 1.100.000 persone. Una generazione di schedati, non è forse questa una vera emergenza da affrontare?