Il welfare state alla riprova della disabilità

È da giorni che rimbalza in rete il Servizio del Le Iene sui due fratelli siciliani Alessio e Gianluca Pellegrino affetti da tetraplegia, che da lungo tempo fanno richiesta di un’assistenza specialistica h24 per far fronte alle esigenze di una vita evidentemente complicata. L’onda mediatica che si è generata ha visto, definitivamente, le dimissioni dell’assessore regionale Gianluca Miccichè.

La loro vicenda, sebbene ciascuna storia abbia le sue peculiarità, riflette la situazione generale del welfare italiano in tema di assistenza alle persone con disabilità e, nello specifico, quella di circa 3.600 disabili gravi residenti nella Regione Sicilia. Ci auguriamo che a breve il dramma siciliano si risolva, sempre sperando che l’attenzione sulla vicenda resti alta, ma qualora i fratelli Pellegrino e tutti gli altri disabili ottenessero alla fine di un lungo martirio le ore di assistenza di cui necessitano, di tutto ciò andrà dato merito, solo e per l’ennesima volta, ai mezzi di comunicazione di massa.

In primis alla redazione de Le Iene, e poi al sentimento di rabbia e indignazione che ha mosso Pier Francesco Diliberto, in arte Pif, ad urlare in faccia, e con le telecamere accese tutto il suo personalissimo sdegno per la questione al Presidente della Regione Sicilia Rosario Crocetta. Ma cosa succederà ai tantissimi casi «invisibili» quando le telecamere si spegneranno? Come Associazione Luca Coscioni – impegnata da ben 11 anni nelle battaglie per i diritti civili e sociali delle persone socialmente più fragili – riteniamo che il sistema di tutele sociali italiano, denominato welfare state universalistico, stia giungendo ad un punto di non ritorno a causa della scarsità di fondi ad hoc destinati alle politiche sociali, ma anche per il perdurare di un’incuria politica e amministrativa assolutamente da condannare.

Se poi si pensa alla geografia del welfare italiano, permangono in maniera ancora significativa differenze di trattamento tra le varie Regioni che generano poi la percezione, legittima per molti, di essere cittadini di serie B, a cui spesso si ottempera affidando in malo modo i servizi alla persona a cooperative con un personale non è qualificato e formato, che non tiene conto delle prestazioni ed esigenze di ogni singolo individuo disabile.

Il problema di fondo, oltre questo, e come ben si è visto con le azioni poste in essere dall’ex Assessore siciliano Miccichè, è che nel nostro percorso storico italiano il sistema di welfare ha sempre risentito di un modello di strutturazione fortemente clientelare, nel senso che ha sempre o quasi sempre messo in relazione alle prestazioni offerte, meccanismi di scambio politico espressi nel voto.

Sebbene esistano in Italia modelli di gestione delle politiche sociali degni di nota, non si può non vedere come in molte altre parti del Paese si è distanti anni luce da questi virtuosi esempi. E sulla pelle e sulla vita delle persone che vivono ogni giorno con disagi complessi, lo Stato e le sue articolazioni non possono permettersi di comportarsi con superficialità e incompetenza, per non dire disumanità.

La presente riflessione mira, dunque, a rimettere al centro della scena, per l’ennesima volta, lo Stato di Diritto. È bene rimarcare quanto  sancito dalla Convenzione ONU del 2006, ratificata in Italia nel 2009 e mai applicata, che sottolinea come le persone con disabilità debbano essere intese come una risorsa capace di contribuire allo sviluppo del territorio in cui vivono e della società e non come un limite.

A tal proposito il 31 agosto 2016 l’ONU boccia l’Italia e evidenzia ancora una volta lo scarso interesse del nostro sistema di welfare che non ha assunto alcun provvedimento che desse attuazione alla Convenzione. È compito della politica, della società, e più in generale del senso civico lavorare affinchè il disabile sia messo nelle condizioni di poter autodeterminare la propria vita secondo i principi della Costituzione, al pari di una persona normodotata ed è giunto il momento che chi ha la responsabilità si assuma seriamente e rispettosamente i compiti ad esso dovuti.