Alla ricerca di antidepressivi efficaci, il caso della psilocibina

Psilocibina

Testo preparato con Beppe “Coffee” Brescia

Un nuovo studio, coordinato da Emory University, University of Wisconsin-Madison e University of California Berkeley, offre nuove speranze per la domanda di terapia con psilocibina (i cosiddetti funghi allucinogeni) per chi negli USA è alle prese con patologie depressive.

Questa ricerca, la prima nel suo genere sottoposta a “revisione paritaria”, combina i dati sulla prevalenza della depressione estrapolati da indagini nazionali con i criteri di ammissibilità per recenti studi clinici di psicoterapia a base di psilocibina.

Tra gli individui attualmente inseriti in un programma di trattamento per la depressione, una percentuale oscillante tra il 56% e il 62% potrebbe rivelarsi eligibile per la terapia con psilocibina. Fatte le debite proporzioni e le diagnosi nazionali, si potrebbero includere tra i 5 e i 5,5 milioni di persone.

La metodologia adottata dai ricercatori per formalizzare le proiezioni contenute nello studio si è basata su due passaggi: inizialmente, mediante la consultazione dei dati nazionali, è stato determinato che, dei quasi 15 milioni di adulti americani che soffrono di depressione, circa 9 milioni ricevono trattamento sanitario. Tale cifra è stata poi incrociata con i requisiti di ammissibilità alle sperimentazioni di recente avvenute. 

L’analisi ha generato una serie di valori raccolti in tre categorie: un “limite inferiore”, composto da un 24% di pazienti ammissibili qualora fossero stati applicati i criteri di maggior severità, un “intervallo intermedio” del 56%, basato su criteri che saranno verosimilmente utilizzati in contesti medici, infine un “limite superiore” del 62%, che tiene conto dei pazienti precedentemente esclusi in base ai requisiti di partenza.

Tra le conclusioni emerge un dato di grande interesse: quasi un terzo del divario tra limite inferiore e limite medio è il risultato dell’inclusione di pazienti con utilizzo problematico di alcol e sostanze illecite, per i quali prove crescenti suggeriscono che la psilocibina potrebbe effettivamente avere effetti benefici. 

A integrazione dei risultati, i ricercatori hanno precisato come le proiezioni siano state influenzate in via diretta dai rigidi parametri di approvazione della Food and Drug Administration, come ricordato dal collaboratore dello studio Charles Raison, il quale ha ribadito che la potenziale attuabilità di questo trattamento rimane nelle mani degli enti normativi.

Un ulteriore coefficiente di squilibrio dei dati è legato a fattori pratici di implementazione della pratica: elementi come la copertura assicurativa, la disponibilità di professionisti qualificati e le variazioni regionali nell’accesso al programma potrebbero quindi limitare notevolmente l’adozione finale della terapia.

Syed Fayzan Rab, studente della Emory MD e autore principale dello studio, ha infine aggiunto che persino la stima relativa a quello che è stato definito il “limite superiore” è con tutta probabilità da intendersi come cauta, in considerazione del fatto che l’analisi si sia concentrata solo sulle persone già in cura.

Secondo la Johns Hopkins Medicine, circa una persona adulta su 10 negli USA soffre di una malattia depressiva, mentre uno su quattro accusa un disturbo di salute mentale diagnosticabile. 

Come emerso dalle sperimentazioni finora avvenute, il trattamento con psilocibina evidenzia un’invasività nettamente minore rispetto a metodologie di tipo “tradizionale”: mentre di norma i pazienti in cura presso uno specialista ricevono la prescrizione di un farmaco da assumere a cadenza quotidiana, questo tipo di terapia prevede un semplice iter di orientamento di alcune ore, seguito da una seduta di assunzione del farmaco in ambiente monitorato.

Come suggerito da uno studio del 2023, un percorso di due sedute potrebbe prolungare la durata degli effetti positivi del trattamento fino a un periodo di sei mesi.

Lo studio verrà pubblicato sulla rivista Psychedelics il 24 Settembre e, si spera, ne seguirà un dibattito scientifico istituzionale capace di suscitare le riforme necessarie per problemi che interessano milioni di persone e non solo negli USA.