Michele De Luca e Giuseppe Testa: “l’importanza della ricerca per curare gravi malattie”

La Stampa, Repubblica
Valentina Arcovio, E.D.

Dopo l’autorizzazione inglese alla ricerca sugli embrioni umani geneticamente modificabili – ma sarebbe più corretto dire “blastocisti” [LEGGI l’articolo uscito sul Daily Mail] – è stato richiesto ai nostri dirigenti un parere scientifico da alcune testate nazionali (La Stampa e Repubblica) al fine di chiarire il merito della ricerca sulle cellule staminali embrionali.

Intervistato da La Stampa, il nostro Co-Presidente Michele De Luca rassicura sull’uso di blastocisti ad opera dei ricercatori britannici: non si parla, qui, di creare “esseri umani” in laboratorio, ma di evitare gravi malattie genetiche per cui non esistono cure. Una svolta per la scienza, e per il genere umano.

«La ricerca sugli embrioni umani geneticamente modificati è interessante sia per comprendere che cosa succede durante le prime fasi di sviluppo di un embrione e sia per perfezionare una tecnica che, in futuro, potrebbe essere utilizzata per correggere i difetti genetici alla base di alcune malattie». A parlare è Michele De Luca, direttore del Centro di Medicina Rigenerativa «Stefano Ferrari» dell`Università di Modena e Reggio Emilia e co-presidente dell`Associazione Luca Coscioni.

Professore, gli embrioni su cui lavoreranno i ricercatori britannici possono essere considerati individui?

«Assolutamente no. Anzi, per essere precisi, i ricercatori britannici non lavoreranno neanche con gli embrioni, ma su agglomerati di cellule chiamate tecnicamente blastocisti. L`embrione si sviluppa solo una volta impiantato nell`utero di una donna. Le blastocisti sono fatte di cellule tutte uguali, ciascuna delle quali può dare origine a un embrione. Nei Paesi anglosassoni e negli Stati Uniti queste cellule possono già essere utilizzate per la ricerca».

In quali campi vengono usate?

«Oltre che, da anni, in ricerca di base, sono addirittura in corso diverse sperimentazioni cliniche su cellule derivate da staminali embrionali contro patologie della retina o contro il morbo di Parkinson. Ora, però, i ricercatori britannici vogliono studiare queste cellule utilizzando la tecnica dell`editing genetico, una tecnica che ci consente di correggere i difetti genetici».

Dove potrebbe portarci questo tipo di ricerca?

«Innanzitutto è una ricerca di base che ci permetterà di capire meglio che cosa avviene nelle prime fasi di sviluppo di un embrione. Inoltre, continuando a studiare l`editing genetico e le sue possibili applicazioni, possiamo sperare in futuro di correggere i difetti genetici responsabili di alcune malattie molto gravi».

Quanto tempo ci vorrà prima di arrivare in clinica?

«Non lo sappiamo. Al momento la tecnica è ancora imprecisa e ora nessuno pensa di portarla in clinica. E tantomeno si pensa di utilizzarla per creare esseri umani “su misura”, come invece molti temono». 

Anche Giuseppe Testa, Consigliere Generale dell’Associazione Luca Coscioni e Professore all’Università di Milano, é stato intervistato a riguardo, e ci tiene a sottolineare quanto la scelta di intraprendere la ricerca sulle staminali embrionali riguardi la visione futura di un paese, la visione politica e quella democratica, oltre che scientifica. 

Giuseppe Testa insegna all`università Statale di Milano e dirige il laboratorio di epigenetica delle cellule staminali all`Istituto europeo di oncologia.

Perché sarà importante questo esperimento?

«Permetterà di capire cosa accade nelle primissime fasi di sviluppo di un embrione umano. Non tutti i circuiti di regolazione genetica nell`uomo sono uguali rispetto agli animali di laboratorio. Certo, si tratta di una ricerca molto di base, che per il momento non ha l`obiettivo diretto di curare malattie. Ma accumulare esperienza sull`uso di Crispr tornerà sicuramente utile in futuro».

A differenza dell`esperimento cinese del 2015, tutto oggi si è svolto in trasparenza.

«A guadagnarci è la credibilità di tutto questo settore della ricerca. L`esperimento è stato approvato da un`Autorità – l`Hfea – che gode di grande rispetto in Gran Bretagna e all`estero. Ne fanno parte scienziati, ma anche rappresentanti di associazioni di consumatori e bioeticisti. Sono i cosiddetti civil servants: un`espressione che forse da noi ha smarrito il suo significato, ma che può essere tradotta con “servitori pubblici”, gli interpreti di un paese che ha consuetudine con scienza e democrazia. Si è trattato di una scelta politica nel senso più alto del termine. E questo non solo aprirà la strada ad esperimenti simili in altri laboratori inglesi, ma servirà da esempio anche per gli altri paesi».

Firma anche tu la nostra petizione al Parlamento italiano per far rimuovere i divieti della Legge 40/2004 sul fondamentale tema della ricerca sugli embrioni.