Scienziato in prima linea sul fronte anti-stamina

Il Sole 24 ore
Gilberto Corbellini, Michele De Luca e Luca Pani

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Ogni volta che si stava a cena con Paolo Bianco si discuteva accesamente. Era normale dissentire con Paolo. Si può dire che era un piacere. Non solo perché non intaccava l`amicizia (anche se a volte la sospendeva per qualche mese), ma per il fatto che si condivideva il valore etico della ricerca scientifica e del metodo sperimentale.

Paolo Bianco, anatomo-patologo alla Sapienza di Roma, è morto una settimana fa. Meno di cinque mesi or sono aveva scritto per ricordare il Comandante Generale dei NAS Cosimo Picchino. Forse non immaginava che sarebbe toccato, così presto, a lui. O forse si. Perché di certe cose sapeva tutto.

Se ne è andato come avrebbe voluto, anche se non considerava ancora finito il suo transito terreno. La comunità scientifica ha perso non solo un riferimento insostituibile per la ricerca sulle cellule staminali mesenchimali, ma anche una voce rigorosa e disinteressata. Era stato allievo, come ci teneva a ricordare, di Antonio Ascenzi, figura quasi mitologica della scuola romana di anatomia patologica, che l`aveva formato al rigore nell`osservazione e nel ragionamento. A questa solida preparazione Paolo aveva di suo aggiunto una vastità di interessi e una creatività ineguagliabili.

Sapeva andare al cuore delle questioni e per questo era anche molto esigente con sé stesso e con gli altri per quel che riguardava la qualità dei dati sperimentali, ma anche gli obiettivi o la praticabilità delle collaborazioni. Diventato, dopo alcuni anni trascorsi a Londra allo UniversityCollege, uno dei massi esperti mondiali di patologie del tessuto osseo e delle cellule scheletriche, ha lavorato ai National Institutes of Health, dove gli proposero di rimanere a dirigere un gruppo di ricerca.

Bianco preferì tornare in Italia, scelta di cui talvolta si rammaricava, sempre alla Sapienza dove ha creato il Laboratorio di Cellule Staminali e ha raccolto un eccellente gruppo di ricercatori presso il Dipartimento di Medicina Molecolare della Sapienza. Godeva di sconfinata ammirazione da parte degli studenti, perché le sue lezioni (non meno le sue conferenze!) erano esemplari per chiarezza, rigore, brillantezza e ironia. Andava famoso perché talvolta sfidava gli studenti a decidere loro l`argomento sul quale volevano facesse lezione, senza essersi preparato.

Paolo era unico, perché con lui si poteva parlare di tutto: dalle staminali a Shakespeare, dalla serie di Fibonacci al conflitto teorico tra Keynes e Hayek (naturalmente era un keynesiano e se si difendeva il liberismo eran fulimini e saette!), etc. Aveva uno humor formidabile, unico e irriverente, come le persone con un`intelligenza fuori dal comune. A noi piace ricordare soprattutto il suo impegno civile per la libertà della ricerca scientifica.

Nell`occasione del referendum sulla Legge 40, decise che non era sufficiente fare buona ricerca in laboratorio e che per continuare ad avere una scienza libera era necessario spiegare ai cittadini che pagano la ricerca come stanno i fatti. In quel periodo lo faceva innervosire l`idea che embrioni umani destinati alla distruzione potessero essere equiparati a persone malate, e che quindi si vietasse con quella legge una ricerca che avrebbe portato avanzamenti conoscitivi e tecnici. Non si è risparmiato nemmeno nella battaglia contro una legge irragionevole, quale è quella sulla sperimentazione animale, che vedeva come un ostacolo nella comprensione di gravissime malattie genetiche, e quindi anche per la ricerca di terapie.

Il massimo dell`impegno, anche ignorando la salute, Paolo lo dedicò al caso Stamina, al punto da diventare oggetto di minacce e diffamazioni. Per lui la vicenda Stamina era un esempio di arretratezza non solo scientifica, ma anche intellettuale e morale. Di fronte alla deriva irrazionale che montava si dedicò quotidianamente e per mesi a studiare il fenomeno, a intervenire sui mezzi di informazione e a spiegare in modo comprensibile che cosa sono davvero le staminali mesenchimali e che cosa possono fare. Al di là di quello che raccontavano anche da alcuni tromboni e professori universitari in Italia o all`estero.

Aveva capito tra i primi che dietro all`uso delle cellule staminali mesenchimali stava nascendo un business molto insidioso, e che qualcuno in Italia cercava di approfittare della vicenda per liberalizzare trattamenti pericolosi e inutili. Collaborare o discutere con Paolo aveva un valore inestimabile perché con il rigore del freddo artico e la precisione di un laser spaziava, demolendo e ricostruendo, attraverso praterie di sicumere e di luoghi comuni che avevano persino fatto la storia della scienza per dimostrare quanto erano fallaci, spesso piccoli, talvolta ancora banali.

In questo modo, le sue “lezioni” di vita restituivano sempre dignità alla più alta forma di espressione del cervello umano che è la critica, dati alla mano, di verità precostituite, o di incensati sensali del sapere accademico e delle truffe intellettuali.

Ci mancherai molto, amico.

In memoria di Paolo Bianco, 1955 – 2015