Ecco perché in Ohio non hanno legalizzato la marijuana, ma va bene così

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Huffington Post
Marco Perduca

Il 3 novembre gli elettori dello stato USA dell’Ohio hanno votato contro una proposta referendaria che avrebbe legalizzato la marijuana. Il risultato è in controtendenza con quanto avvenuto negli anni scorsi in Colorado, Oregon, Alaska, Washington e nella District of Columbia ma, a ben vedere, più che un passo indietro rispetto al movimento per la regolamentazione legale dei derivati della cannabis segnala una crescente consapevolezza delle problematiche legate alla legalizzazione.

L’iniziativa in Ohio si era infatti dimostrata controversa fin dall’inizio perché strutturata in modo da andar a creare un sistema che avrebbe limitato la produzione di marijuana in modo iniquo consentendola solo a dieci immobili di proprietà dei principali investitori nell’iniziativa. Per quanto l’opinione pubblica fosse, e resti, generalmente a favore della modifica legislativa ha pensato bene di non limitare i possibili sviluppi commerciali dell’intrapresa.

Contrariamente a quanto accaduto altrove, dove la spinta al cambiamento veniva dal basso, l’iniziativa dell’Ohio, denominata “Numero 3”, era la prima finanziata quasi interamente da “investitori” che, una volta vinto, avrebbero goduto di un vantaggio economico esclusivo derivante dall’iniziativa stessa. Il testo avrebbe limitato la produzione commerciale a un numero limitato di siti di proprietà dei principali promotori dell’iniziativa. Inoltre sarebbe il primo caso in cui, contemporaneamente a una proposta di legalizzazione ce ne sarebbe stata un’altra di segno diametralmente opposto, la “Numero 2”, proposta dall’assemblea generale dello stato che cercava di annullare gli effetti oligopolistici della numero 3… Insomma un caos normativo non degno della linearità del meccanismo “referendario” statuale statunitense. Infine, se tutte e due le proposte fossero passate, l’Ohio sarebbe stato il primo caso in cui negli USA avrebbero legalizzato la marijuana “ricreativa” senza prima legalizzarla per scopi medici.

“Non credo che la sconfitta della proposta 3 rallenti lo slancio nazionale per porre fine alla proibizione della marijuana”, ha detto Ethan Nadelmann, direttore della Drug Policy Alliance, “gli elettori, compresi quelli che vorrebbero vedere la marijuana legalmente regolata e tassata in Ohio, erano chiaramente contrari alle parti della proposta relative all’oligopolio. Nessuna delle iniziative statuali a favore della legalizzazione attuate sino a oggi in Colorado, Washington, Oregon e Alaska, contiene una tale disposizione. Stesso dicasi per quelle che verranno messe al voto nel 2016 in California, Nevada, Arizona, Maine, Massachusetts e, forse, in Michigan. “

Alla vigilia del voto, i sondaggi pre-elettorali prevedevano un 50/50, ma, i sondaggisti stessi avvisavano che in un anno non pienamente elettorale, quindi con una possibile bassa affluenza alle urne, è difficile che le previsioni siano accurate e che i gruppi più favorevoli alla legalizzazione, come per esempio i giovani, raramente vanno a votare in questi casi.

Quindi?

Come sappiamo, tre anni fa i cittadini di Colorado e Washington posero gli USA all’avanguardia nella regolamentazione della coltivazione, produzione e vendita della marijuana per i maggiori di 21. Poco dopo anche Alaska, Oregon e Washington DC votarono per legalizzare la marijuana. I sondaggi per le primarie includono sempre domande relative alla regolamentazione dei derivati della cannabis e la maggioranza degli americani conferma un’opinione favorevole al riguardo. Tra un anno altri 10 stati potrebbero unirsi a questo sistema che, lungi dal minare il proibizionismo in modo strutturale, sta dimostrando come sia concretamente possibile passare, anche in poco tempo, da un sistema in cui niente è lecito a un contesto in cui lo Stato di Diritto viene utilizzato per governare un fenomeno che accompagna la vita di milioni di persone. Nessuna delle prosposte che verranno votate l’anno prossimo prevede la creazione di posizioni dominanti e loro possibili abusi.

Nelle stesse ora in cui in Ohio si diceva NO all’oligopolio della produzione della marijuana legale la corte costituzionale del Messico, in risposta al ricorso di una associazione chiamata Smart, sanciva che “coltivare, possedere e fare uso di marijuana a scopo ricreativo” è da considerarsi un diritto costituzionalmente garantito. Un ulteriore colpo alla normativa messicana, che comunque non prevede sanzioni penali per la detenzione e l’uso personale delle cosiddette “droghe leggere”, che va a inserirsi in un dibattito nazionale che dubita fortemente degli effetti della guerra alla droga nel paese dei narcos.

In Italia il disegno di legge preparato da Benedetto Della Vedova e i suoi collaboratori sulla base di una decine di testi depositati alla Camera e al Senato nei mesi scorsi dovrebbe esser iscritto all’ordine del giorno delle commissioni competenti della Camera nei prossimi mesi. Insomma, a partire dalla marijuana, il sistema proibizionismo scricchiola rumorosamente da tutte le parti, occorre “solo” che questo stridore raggiunga il Palazzo di Vetro l’anno prossimo, quando l’Assemblea generale delle Nazioni unite dovrà prendere delle decisioni di importanza mondiale…