Se anche le Nazioni Unite chiedono la totale depenalizzazione delle droghe, che aspetta l’Italia?

The Huffington Post
Marco Perduca, già senatore Radicale

In un documento ufficiale pubblicato il 14 settembre scorso, l’Alto Commissario delle Nazioni Unite, il principe giordano Zeid Ra’ad Zeid Al-Hussein, ha reso note una serie di raccomandazioni per limitare gli impatti negativi che l’attuale sistema internazionale del “controllo delle droghe” ha sui diritti umani.

Il documento si inserisce nel quadro della attività che le Nazioni unite stanno portando avanti da una ventina d’anni in materia di “droghe” e che nell’aprile del 2016 porteranno alla convocazione di una Sessione Speciale dell’Assemblea generale dell’Onu interamente dedicata agli stupefacenti.

Non è la prima volta che anche l’Onu di Ginevra, dedicato principalmente ai diritti umani, si interessa di stupefacenti, ma mai come quest’anno le osservazioni dell’Alto Commissario erano state così puntuali e in radicale rottura con quanto l’Ufficio di Vienna delle Nazioni unite sulle droghe e il crimine ha promosso per anni.

Si tratta di sette raccomandazioni di estremo buon senso, vediamole qui in una mia traduzione:

1) Il diritto alla salute deve essere protetto per assicurare che tutte le persone che usano le droghe abbiano accesso all’informazione relativa alla salute e perché le cure e non subiscano alcun tipo di discriminazione. I programmi di riduzione del danno, in particolare le terapie sostitutive con oppiacei devono esser disponibili e offerte alla persone con problemi di dipendenza, specialmente per coloro che sono in prigione o in altri regimi di custodia. Considerazione deve esser data a rimuovere ostacoli per il diritto alla salute includendo la decriminalizzazione dell’uso e del possesso personale di droghe; inoltre i programmi pubblici relativi alla salute devono esser aumentati. Il diritto alla salute richiede un miglior accesso alle medicine essenziali specialmente nei paesi in via di sviluppo

2) La proibizione degli arresti e della detenzione arbitraria, la tortura e tutte le altre forme di maltrattamenti nonché il diritto a un giusto processo devono esser protette in accordo con le norme internazionali, incluso il rispetto delle persone che sono arrestate, detenute o incriminate per reati connessi alle droghe. Alle persone con problemi di dipendenza in regime di custodia non possono essere negate le terapie sostitutive anche come mezzo per estorcere confessioni o altre informazioni. Le terapie a base di oppiacei devono esser offerte, in ogni circostanza, poiché fanno parte del suo diritto alla salute. I centri di detenzione obbligatoria per persone con dipendenze devono esser chiusi.

3) Il diritto alla vita delle persone arrestate per crimini legati alle droghe deve esser protetto nel rispetto dell’articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e della giurisprudenza del Comitato Onu sui diritti civili e politici. Queste persone non devono esser soggette alla pena di morte. Il diritto alla vita deve esser sempre protetto dalle forze dell’ordine nei loro sforzi relativi al perseguimento dei crimini relativi alle droghe e tenuto di conto nell’eventuale uso della forza in modo proporzionale. Le esecuzioni extra-giudiziarie devono esser immediatamente soggette a indagini efficaci e indipendenti per assicurare alla giustizia i responsabili.

4) Le minoranze etniche e le donne, che hanno droghe in loro possesso, o che sono dei “micro-distributori” devono esser protetti dalla discriminazione. Considerazione deve esser data alla riforma di leggi e politiche per affrontare gli impatti più disparati di tali politiche sulle minoranze e le donne. Occorre fornire una preparazione specifica per gli operatori delle forze dell’ordine e dei servizi sociali che entrano in contatto con chi usa le droghe al fine di eliminare le discriminazioni.

5) Prendere in seria considerazione il grave impatto che un arresto per motivi di droga può avere sulla vita di una persona; occorre immaginare alternative all’incriminazione e all’incarcerazione di chi è responsabili di condotte minori e “non-violente” collegate agli stupefacenti. Conseguentemente, riforme miranti al ridurre l’eccessiva carcerizzazione dovrebbero esser prese in considerazione.

6) I diritti dei fanciulli devono esser protetti focalizzandosi sulla prevenzione e comunicando, in un modo che possa esser appropriato ai bambini e a persone in tenera età, le informazione relative ai rischi di trasmissione dell’HIV e altri virus trasmessi per via ematiche e per l’assunzione di sostanze per endovena. I bambini non devono esser soggetti a procedimenti giudiziari, le risposte a tali problemi devono esser trovate nell’educazione sanitaria, nelle cure, inclusi i programmi di riduzione del danno e reintegrazione sociale.

7) I popoli indigeni hanno il diritto di seguire le loro pratiche tradizionali, culturali e religiose. Là dove le droghe sono parte di queste pratiche, il diritto all’uso per questi specifici scopi deve esser protetto nel rispetto delle limitazioni previde dalle norme relative ai diritti umani.

 
 

Molte delle raccomandazioni sono rivolte principalmente a quei paesi dove comunque i diritti umani subiscono un attacco quotidiano; sappiamo però che quando si parla di “droghe” siamo sistematicamente di fronte a patenti violazioni delle libertà civili in quasi tutto il mondo.

Negli ultimi mesi l’Italia, grazie alle Corte Costituzionale, ha modificato la propria normativa in materia di “controllo” degli stupefacenti; all’inizio di settembre il Dipartimento delle politiche anti-droga ha pubblica pubblicato la Relazione annuale al Parlamento dove si offrono dati in quantità che, in buona parte, confermano la mancanza di efficacia delle attuali leggi e politiche, specie per quanto riguarda l’enorme diffusione delle sostanze illecite nel nostro paese.

Sulla base della Relazione annuale al Parlamento, e prendendo spunto da questo documento delle Nazioni unite, il governo deve urgentemente porsi il problema di come agire per quanto riguarda il governo del fenomeno “sostanze proibite”. Occorre nominare un sottosegretario, convocare la sesta conferenza nazionale sulle droghe (l’ultima risale al 2009) e avviare la creazione di un fronte riformatore trans-nazionale alle Nazioni unite che, facendo tesoro di queste raccomandazioni dell’Alto Commissario dell’Onu sui diritti umani, agisca di concerto per trasporle in politiche in vista della Sessione speciale dell’Assemblea generale di aprile dell’anno prossimo.

È molto, ma più si aspetta e sicuramente più difficile sarà far qualcosa di significativo.