Intervento di Luigi Nicolais all’XI Congresso

Grazie dell’invito, grazie all’associazione luca coscioni, ma grazie veramente di cuore a filomena gallo, che veramente mi ha spinto molta decisione nel venire da voi e ne sono molto contento, anche avendo sentito la sua relazione. 

Parlare di ricerca, parlare di scienza oggi e’ forse ancora piu’ attuale che nel passato, perche’ oggi la ricerca, la scienza, l’innovazione e’ parte integrante della qualita’ dei prodotti che noi vendiamo nel mondo e rappresenta un elemento fondamentale per la competitivita’ del sistema italia. Quindi piu’ che nel passato oggi la ricerca veramente rappresenta insieme con la scuola, insieme con l’universita’ l’elemento centrale per lo sviluppo. La scienza e’ tra le piu’ alte e nobili forme di solidarieta’ umana: avanza e si propaga proprio grazie al libero confronto. In italia la liberta’ della ricerca e del suo insegnamento sono diritti costituzionali, a volte lo dimentichiamo. Ma fanno parte della nostra costituzione. Uno degli ispiratori di questo principio fu gustavo gronetti presidente del cnr dal 1944 al 1947, il quale contribui’ con il suo intervento alla costituente nella seduta del 18 aprile 47 alla stesura degli articoli 33 e 34 della costituzione. Articoli che gettano con acuta lungimiranza le basi del sistema scolastico all’interno dello stato italiano e ne affermano la liberta’ e la tutela. L’esigenza dei padri costituenti era quella di garantire la liberta’, la tenuta del paese attraverso l’istruzione della formazione, dia stanza di poco piu’ di 60 anni pero’ purtroppo si e’ perso parte di questo slancio cosi’ importante e cosi’ sentito. Oggi la liberta’ della ricerca vivono una stagione di disagio sia per problemi economici, sia perche’ si e’ fatta strada un’idea di societa’ e di successo sociale non sempre coerente con la valorizzazione e il riconoscimento delle competenze. Cio’ crea problemi e disagio anche al futuro della ricerca, perche’ ne mina in un certo i tempi. I saperi hanno bisogno di tempo. Hanno bisogno di essere metabolizzati, discussi, confrontati, verificati, importare nel mondo della ricerca un successo sociale impedisce alla stessa di esprimersi adeguatamente e a livelli qualitativi alti, non e’ secondario che siano aumentati gli errori e i plagi. Anche nei nel cnr siamo stati obbligati e lo abbiamo fatto con forza di istituire una commissione etica della ricerca e bioetica, perche’ anche l’etica della ricerca purtroppo sta avendo dei momenti di difficolta’. La fretta, il dover bruciare i tempi per accedere prima di altri ai sempre piu’ ridotti finanziamenti indebolisce la liberta’ e la credibilita’ della ricerca al pari dei cosiddetti divieti preventivi, dettati da norme. Per cui un diritto affermato rischia di diventare negato. Analogamente nella tecnologia oggi la sfida e’ garantire a tutti parita’ di accesso e uso delle tecnologie, la liberta’ di conoscenze e oggi ogni oggetto quotidiano contiene. Sta cambiando profondamente il nostro rapporto con la tecnologia e la sua funzione all’interno della societa’ e della sfera dei diritti. Oggi si rischia di essere marginalizzati per l’emergere di forme diverse di disabilita’ e di esclusione, ma anche di organizzazione e presenza sociale. Da qui l’esigenza di sapere e sapere usare e quando poi questa necessita’ si configura come un diritto al sapere. Inoltre la scienza non e’ piu’ una professione liberale praticata da un numero rispretto di curiosi, ne’ e’ la big science del dopoguerra saldamente nelle reti dei governi nazionali, ma e’ una complessa impresa che coinvolge grandi gruppi di ricerca nazionali e grandi universita’ e grandi enti di ricerca in cui gli annunci di scoperte scientifiche possono fare  schizzare alle stelle le quotazioni di aziende private. Le conseguenze e le scoperte delle innovazioni sfugge alla portata del singolo ricercatore. Diventa poi fuorviante parlare di orizzonte gegraofico nel tempo di globalizzazione della ricerca. In questo contesto alcune scelte politiche nazionali sono destinate a perdere progressivamente efficacia come per esempio il porre limiti normativi ad alcune attivita’ di ricerca quando le stesse sono incoraggiate e diversamente normate da stati limitrofi. Occorre cambiare prospettiva, ragionare in termini piu’ ampi e realizzare uno spazio europeo della ricerca. Uno spazio che non e’ soltanto un obiettivo programmatico, ma un articolato processo di integrazione e armonizzazione e coordinamento di regole, procedure, risorse e investimenti. Purtroppo puntiamo a questo obiettivo con zavorre e contraddizioni su cui fortunatamente negli ultimi tempi sembrano che si niziano a registrare volonta’ e impegni piu’ incisivi. Il mondo scientifico italiano parla per investimenti pubblici e privati nella ricerca, nonostante gli sforzi rispetto agli ultimi anni e all’avvicinamento all’1, 3 del pil siamo ventottesimi in europa, molto al di sotto della media europea. La germania ha raggiunto il 3%, la finlandia il 3, 8, la corea il 4% e israele che arriva fino al 4, 4%, quasi il quadruplo di quello che investiamo noi in questo settore. Cio’ nonostante la qualita’ della produzione scientifica nazionale e’ valida e internazionalmente competitiva. I ricercatori italiani pur essendo solo 4, 3 per ogni mille occupati, teniamo conto che in europa la media e’ di circa 7, i tedeschi sono 8, 1, i finlandesi addirittura 16, siamo pari al mondo per articoli sulle riviste che contano. Solo un settimo di quelli statunitensi, pur avendo gli americani una dimensione di ricercatori molto piu’ elevata. Le nostre strutture di ricerca sono mediamente di buon livello, cosi’ se il cnr svetta per la sua quarta posizione tra i primi 20 atenei e istituti di ricerca europei, il 37% delle nostre universita’ si posiziona tra le prime 500 nel mondo contro il 41% della germania e il 32% del regno unito.

Questa collocazione e’ dovuta anche al dato che negli anni, al di la’ delle criticita’ del sistema si sono sviluppate piu’ che elevati casi di eccellenza, un gran numero di istituti di qualita’. Per le caratteristiche sociali, culturali e politiche, ma particolare non secondario a parita’ di spesa per la ricerca universitaria quelle italiane producono piu’ articoli e ricevono piu’ citazioni di germania, francia e giappone. 

L’italia contesta una decisiva azione di semplificazione e maggiore coordinamento. Oggi l’accesso al finanziamento regionale e nazionale costituiscono un’opportunita’ che invece di agire in termini complementari tali di sussidiarita’ anche con i bandi comunitari amplificano la concorrenzialita’, prevedono diverse procedure di partecipazione e di gestione di progetti per cui si creano non poche difficolta’. Occorrebbe intervenire sulla filiera dell’innovazione per incentivare e agevolare l’investimento privato in ricerca, per favorire la nascita’ di nuove imprese ad alta tecnologia, la crescita occupazionale e la competitivita’ economica del paese basata principalmente sull’utilizzazione della conoscenza. Andrebbe sostenuto un nuovo modello di governance del rapporto ricerca sistema produttivo, ripensato il pacchetto dei provvedimenti fiscali incentivanti gli investimenti privati, proposto un insieme coerentissime di strumenti finanziari, fiscali e normativi specifici per gli spin off. E la competitivita’ internazionale ormai ha assunto una dimensione da guerra e la guerra, come ricorda sempre umberto veronesi, parlando di ricerche, la vincono i giovani. I nostri ricercatori sono in maggioranza precari e hanno mediamente 49 anni, poco piu’ di 7 anni fa un’indagine del ministero dell’universita’ della ricerca sulla base di un codice fiscale accerto’ che su piu’ di 18 mila docenti quelli con meno di 35 anni erano 9! Lo 0, 05%. Al contrario di quelli con piu’ di 65 anni: erano 5600. Quasi un terzo. 

In questi anni di mancato turn over e di blocco di assunzioni si e’ anche assistito a un’esplosione della precarizzazione e a una perdita secca di professionalita’, non solo quindi una fuga, il famoso brain, ma anche una dispersione di intelligenza, perdite secche che impoveriscono non solo le istituzioni di ricerche ma l’intero paese. Sarebbe auspicabile lanciare veramente un piano straordinario di assunzioni e di potenziamento delle infrastrutture di ricerca nel nostro paese. E noi tutti siamo consapevoli delle difficolta’ attuali. Ma e’ soprattutto nei periodi di crisi che occorre avere il coraggio di investire in ricerca e informazione. Come sosteneva con lucida convinzione il fondatore vito volterra nel 1925. L’entusiasmo e il genio da soli non bastano. Il genio non puo’ distendere le ali, l’entusiasmo non puo’ prendere il suo slancio, se i mezzi di studio non corrispondono alla scienza moderna e non si provvede a creare un ambiente nel quale possano formarsi sin da giovani anni i nuovi culturi delle discipline scientifiche. Siamo fiduciosi che questo governo sapra’ fare proprie le aspettative e i bisogni della comunita’ scientifica, perche’ la scienza e’ il piu’ efficace strumento per la ricostruzione nazionale. Guarda lontano, attrae e mobilita i giovani, parla al mondo, ci rende protagonisti e partecipi del suo futuro. Investire in ricerca, favorirne l’eccellenza e’ una scelta politica che tutela e valorizza l’istituzione democratica, assicura una migliore qualita’ della vita e assicura una piu’ consapevole liberta’ di scelta. Grazie.