Emilio Coveri, presidente di Exit Italia, entra più nel dettaglio: “Dopo molte richieste di persone non affette da patologie terminali e che, nonostante tutto, avevano richiesto l’attivazione della procedura di morte volontaria assistita, le associazioni svizzere che operano aiutando le persone a terminare i propri giorni dignitosamente, hanno preso in considerazione il fatto di poterle aiutare. Di tutto questo si sta ancora discutendo”.
Sempre Coveri spiega come si può attivare, allo stato attuale, la procedura eutanasica in Svizzera, ossia solo “attraverso l’invio alle strutture preposte di cartelle cliniche o dichiarazioni mediche che attestino che il paziente è affetto da una malattia grave, irreversibile, clinicamente accertata e senza più possibilità di guarigione. Senza queste premesse nessuno può essere accettato e accompagnato al suicidio assistito”. Sulla regolarità di ogni atto eutanasico vige un forte rigore. “Terminato il trattamento”, continua il presidente di Exit Italia, “il medico legale constata la regolarità della procedura. Successivamente interviene la Gendarmeria che, vista la regolarità dell’atto e la firma del medico legale, chiude il fascicolo del protocollo di morte volontaria assistita come previsto dalla legge svizzera”.
Di fronte alla falsificazione in versione “scandalistica” della realtà dei fatti, Exit Italia e l’Associazione Luca Coscioni continuano anche in Italia la battaglia per la legalizzazione dell’eutanasia. Nella proposta depositata il 13 settembre alla Camera dei Deputati (e non ancora discussa) l’obiettivo dei promotori è chiaro: coloro che si trovano con una “malattia incurabile” dalla “prognosi infausta inferiore ai 18 mesi” possono fare richiesta di trattamento eutanasico. Ogni altro aspetto è demandato al dibattito parlamentare. Ma della proposta popolare si continua a non parlare.