Stamina, inchiesta chiusa per Vannoni e altri 19. Minacce ai genitori di una bimba: “Non avremo pietà di voi”

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Repubblica
Sarah Martinenghi

Dopo tre mesi di nuovi controlli, disposti a fine 2013 dopo che i primi accertamenti era stati formalmente chiusa nell’agosto 2012, la procura di Torino ha terminato l’inchiesta sul “metodo Stamina”, una cura non solo inutile ma anche dannosa, come scrive nell’avviso di chiusura indagini il procuratore Raffaele Guariniello: “Non solo non ci sono stati miglioramenti nella salute dei pazienti, ma anzi si sono verificati eventi avversi in un numero significativo”.

Il documento
 Leggi in pdf l’atto completo di chiusura indagini

Gli indagati sono venti, tra cui Davide Vannoni, il padre della contestata terapiache ora si candida alle Europee, in tutte le circoscrizioni, con il movimento “Io Cambio – Maie”: oltre a lui, presidente della “Stamina Foundation”, tra i venti indagati ci sono il suo vice Marino Andolina, neurologi, biologi, otto medici degli Spedali di Brescia (c’è anche Ermanna Derelli, direttore sanitario dell’ospedale) e Carlo Tomino, responsabile dell’ufficio ricerca e sperimentazione clinica dell’Aifa, l’agenzia nazionale del farmaco. Sugli Spedali Civili le accuse sono particolarmente pesanti: le autocertificazioni messe a punto nel 2011 dai responsabili dell’ospedale, dove veniva praticato il metodo Stamina, sono risultate “fallaci” e “mendaci”: dovevano garantire la conformità della metodica con quanto prevede la normativa e, in particolare, con un decreto ministeriale del 2006. 

L’organizzazione mirava – con qualunque mezzo, secondo i magistrati – a espandersi in tutto il mondo: ci sono anche una clinica nell’isola di Sal, a Capo Verde, e una hostess attrice che si fingeva infermiera, nelle oltre 70 pagine dell’atto di chiusura indagine. La procura torinese afferma che Vannoni “creava rapporti organici finalizzati alla commercializzazione nazionale e mondiale della cosiddetta terapia Stamina, collaborando a un progetto di portata internazionale destinato a essere controllato dalla società Medestea Stemcells, riconducibile a Merizzi Gianfranco, e in particolare congiuntamente a Merizzi”. I due si sarebbero serviti di due società svizzere, la Biogenesis Research e e la Biogenesis Tech di Lugano, per agire. Vannoni, in particolare, “si presentava il 22 dicembre 2011 presso il Cardiocentro Ticino con Merizzi e diceva di essere ricercatore dell’Università di Brescia, per avere una camera bianca. Tentava – prosegue l’atto – di eludere i divieti impostigli dalle normative sanitarie nazionali ed europee, instaurando rapporti a livello internazionale anche grazie all’aiuto di un farmacista sedicente medico e di una hostess attrice qualificatasi come infermiera, con l’ambasciatore (di Capo Verde, ndr) e i consoli onorari di Torino, Verona, Roma al fine di ottenere il permesso per usare il metodo Stamina nella clinica Murdeira dell’isola di Sal” con ulteriori costi di 25mila euro a paziente. “Contatti avanzati sono in corso a Hong Kong e Messico”, c’è scritto nella nota 21 del provvedimento giudiziario.

Nell’atto si sottolinea che Vannoni e gli altri avrebbero operato sui 101 pazienti identificati (e sui 37 donatori) “senza eseguire o far eseguire i test necessari prima dell’impiego del prodotto sull’uomo, così indebitamente trasformato in cavia”, e “in assenza di qualsivoglia pubblicazione scientifica atta a identificare le caratteristiche del cosiddetto metodo Stamina e a renderlo consolidato e riconoscibile”; tutto ciò, inoltre, sarebbe avvenuto “somministrando o facendo somministrare ai pazienti preparati senza conoscerne natura, implicazioni, potenzialità, rischi”, omettendo “l’adeguata informazione circa la terapia da somministrare, la natura dei trattamenti e i possibili rischi”.

Il caso
 L’autocritica di venti medici pro-Stamina: “Ingannati da Vannoni, ci vergogniamo” 

Ci sono anche le minacce ai genitori di una piccola paziente fra le accuse contestate dalla procura: ne risponde, in particolare, il medico Marino Andolina per una telefonata che avrebbe fatto intorno al 3 gennaio di quest’anno “dicendo che non avrebbe avuto pietà di loro e che gliela avrebbe fatta pagare” per le dichiarazioni che i genitori rilasciarono ai quotidiani. Per Davide Vannoni si procede anche per diffamazione per alcuni post su Facebook riferiti al Cardiocentro Ticino di Lugano: avrebbe definito “cialtrona” una biologa e, parlando in generale dei medici, avrebbe scritto “non sopporto i vigliacchi”.
Gli indagati, in pratica tutto l’entourage di Vannoni, avranno venti giorni di tempo – una volta ricevuto il cosiddetto ‘415 bis’ – per chiedere di essere interrogati o per presentare memoriali difensivi o altri documenti. Alcune posizioni sarebbero state stralciate: ciò può preludere ad archiviazioni o alla necessità di effettuare ulteriori accertamenti.   

Nel dettaglio, oltre a Davide Vannoni, presidente della Stamina Foundation e padre del metodo, e al suo vice Marino Andolina, chirurgo ora in pensione ed ex coordinatore del Dipartimento trapianti all’Irccs di Trieste, nel corposo capo d’imputazione del pm Raffaele Guariniello figurano indagati anche Gianfranco Merizzi, imprenditore torinese e amministratore delegato dell’azienda farmaceutica Medestea, “guru della cellulite” e inventore anni fa del Cellulase, poi ritirato dal commercio; Vyacheslav Klimenko  e Olena Shchegelska, biologi ucraini; Leonardo Scarzella, neurologo operante presso l’ospedale Valdese di Torino; Luigi Bistagnino, architetto del Politecnico di Torino; Marcello La Rosa, dirigente dell’Ires Piemonte; Roberto Ferro, presidente del Poliambulatorio Lisa di Carmagnola (Torino); Luciano Fungi, medico del Poliambulatorio Lisa di Carmagnola (Torino); Andrea Losana, ortopedico che operava in regime di service all’ospedale Valdese di Torino; Mauro Delendi, direttore generale dal 2007 al 2010 del Irccs di Trieste; Ermanna Derelli, direttore sanitario degli Spedali Civili di Brescia; Fulvio Porta, direttore di struttura agli Spedali Civili di Brescia; Carmen Terraroli, membro della segreteria scientifica del Comitato etico degli Spedali civili di Brescia; Arnalda Lanfranchi, dirigente di sezione agli Spedali Civili di Brescia; Gabriele Tomasoni, direttore di struttura agli Spedali civili di Brescia; Carlo Tomino, responsabile dell’Ufficio ricerche e sperimentazione dell’Aifa, l’Agenzia italiana per il farmaco; Erica Molino e Mauriello Romanazzi, accusati di esercizio abusivo della professione di biologo.

Vannoni ora si difende così: “Mi aspettavo queste accuse, totalmente infondate. Ho le carte per dimostrarlo, e conto di difendermi al gip o al processo: 180 giudici civili ci hanno già dato ragione autorizzando le cure. Come fa il giudice a parlare dei pazienti se non ha le valutazioni dei medici che abbiamo noi? Mi ha stupito trovare tutto pubblicato prima di ricevere io le carte che mi accusano, fa anche questo parte di una battaglia anche politica che condurremo”. Una stoccata anche per il ministro della Salute Beatrice Lorenzin: “Mi sorprende che lei che difendeva Berlusconi e faceva la garantista oggi si scopra giustizialista. Se siamo in questa situazione di mancanza di chiarezza è anche colpa sua che in un anno e mezzo non ha fatto partire la sperimentazione”. In ogni caso, tiene a sottolineare Vannoni, “non accetto le accuse di aver danneggiato i pazienti. Noi sappiamo bene cosa iniettiamo, e lo dimostreremo”. 
Proprio il ministro Lorenzin questa mattina ha commentato la chiusra delle indagini: “Non sono molto stupita, vedremo l’esito del processo. E’ una vicenda che ha tenuto l’Italia con il fiato sospeso, e me, con molte preoccupazioni e ansie. L’importante è che ne esca chiarezza, perchè qui le vittime sono le migliaia di persone che hanno creduto di poter avere una cura”.

Le tappe
 Tre anni di annunci, inchieste e milioni stanziati 

Nelle ultime settimane la cancelleria del pubblico ministero Raffaele Guariniello ha lavorato sodo per preparare il corposo capo d’accusa in cui sono condensati gli esiti delle indagini dei carabinieri del Nas. I laboratori abusivi portati “negli scantinati” o “nascosti a San Marino nel palese intento di sfuggire ai controlli istituzionali previsti in Italia”. Le chiacchiere degli operatori sui casi di malati senza speranza che “per fortuna sono in aumento”. I pazienti o i loro parenti allettati dai video (che ora valgono a Vannoni e ai suoi anche l’accusa di violazione della privacy, soprattutto nel caso dei pazienti minorenni)  con le guarigioni miracolose: un russo che vince il morbo di Parkinson e riprende l’attività di danzatore, la giovane donna affetta da Sla che supera la paralisi e deambula con le protesi. Un “metodo” che meno di un mese fa un giudice del lavoro torinese, respingendo il ricorso di una coppia che lo chiedeva per il figlio,ha bollato come “caso di ciarlataneria”. Per dare un’idea del giro di denaro: infusioni a parte, servivano diecimila euro all’anno, per esempio, per lasciare le proprie cellule in custodia a San Marino in modo da riutilizzarle in futuro. A carico di Vannoni è già in corso un processo per tentata truffa alla Regione Piemonte: avrebbe tentato di ottenere 500mila euro per una sua onlus, prima tranche di un ancora più corposo finanziamento da due milioni, per aprire un laboratorio senza però, è l’accusa, averne i requisiti.

L’inchiesta si era già formalmente conclusa nel 2012 ma, nei mesi successivi, Guariniello aveva continuato gli accertamenti. Estendendoli a quanto succedeva intorno agli Spedali Civili di Brescia, dove la terapia “ad uso compassionevole”è stata fatta entrare fino allo scorso 2 aprile, quando i medici hanno deciso di interrompere “fino a data da definirsi” la somministrazione del trattamento, come annunciato dal commissario straordinario dell’azienda ospedaliera, Ezio Belleri, in audizione al Senato.