“Le dosi Stamina erano da topi”. Cure pubbliche, soldi a Vannoni

Corriere della Sera
Mario Pappagallo

Pazienti che hanno pagato per infusioni effettuate agli Spedali Civili di Brescia In regime di servizio sanitario nazionale. L’inchiesta della Procura di Torino sulla Stamina Foundation si è allargata con nuove acquisizioni. Ieri il procuratore Raffaele Guariniello ha aggiornato le carte di alcuni casi già ascoltati in precedenza. Il signor Umberto, morto lo scorso lunedì mattina, si sarebbe aggravato subito dopo l’ultima infusione a Brescia, secondo il racconto della vedova Milena Mattavelli alla Stampa. Per la cura avrebbe sborsato oltre 5o mila euro. Mostra il conto. 

«Ci hanno messo davanti questo foglio, l’ho tenuto: “Prelievo midollo: 2.000 euro. Preparazione cellule: 27 mila euro. 8.000 euro a iniezione, 2.500 curo per la crioconservazione”. In realtà abbiamo pagato molto di più», precisa. Comprese le infusioni fatte a Brescia, in una struttura pubblica? E quanto intende chiarire la Procura. Il caso di Umberto si aggiunge a quello di Simona (nome di fantasia), i i anni, in carrozzina per una «paralisi cerebrale infantile»: altra storia di speranza pagata cara — 4o mila euro — e finita sul tavolo di Guariniello. I genitori è dal 2009 che confidano nel miracolo, dopo avere avuto le garanzie dal «professor Vannoni» e visto il video di un uomo in carrozzina che dopo le infusioni si alza e cammina. L’ultimo carotaggio osseo per prelevare le cellule da poi rein-fondere è avvenuto proprio a Brescia Ma pagato a Stamina. 
E ora quei genitori pretendono chiarezza. Di casi all’esame ve ne sarebbero altri, trapela dagli ambienti investigativi. Sempre con esborsi totali di 40-50 mila euro. Per infusioni che, secondo gli esperti ministeriali, conterrebbero dosi «omeopatiche» di cellule staminali mesenchimali (non differenziate in neuroni, così come sostengono i «creatori» del metodo Stamina)? In quantità adatte al massimo per topolini, non certo per essere umani? 
E quanto rilevato dal primo comitato scientifico nominato dal ministero della Salute, poi «azzerato» dal Tar del Lazio. Gli esperti del comitato avevano però già «vagliato» e bocciato il metodo. Si potrebbe dire per «mancanza di prove». 
Secondo il loro rapporto, secretato per accordi con Stamina, le dosi di cellule staminali delle infusioni sono definibili «omeopatiche». E il protocollo fornito da Davide Vannoni non spiegherebbe in alcuna sua parte come si ottengano neuroni dalle cellule staminali mesenchimali, predisposte (per natura) a trasformarsi in tutt’altro: pelle, grasso, ossa, connettivo, cartilagine. Ultima notizia di ieri: nessun campione Stamina potrà uscire da Brescia. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha diffidato gli Spedali Civili «dal procedere al prelevamento e al conseguente trasferimento di campioni cellulari riferibili al cosiddetto “metodo Stamina”». E l’azienda ospedaliera bresciana ha subito reso noto che «si uniformerà» agli ordini dell’autorità sanitaria competente. Il tutto in risposta alla richiesta di campioni da analizzare da parte del Diabetes Research Institute di Miami, il centro diretto da Camillo Ricordi. Resta l’amara riflessione rilasciata alla Stampa dalla vedova Mattavelli: «Secondo i medici, mio marito doveva vivere 9 anni dalla scoperta della malattia. Invece è morto dopo 5 anni appena. Magari per cercare di aiutarlo a guarire in tutti i modi, io gli ho accorciato la vita».