Anche le Iene nel polverone “Noi schierati a favore? Abbiamo solo raccontato”

La Stampa
Alessandra Comazzi

Ma che cosa avete fatto, voi delle «Iene»? Avete difeso, propugnato, diffuso, le discutibili virtù del metodo stamina? Davide Parenti, solidissimo passato televisivo con Ricci e con Lubrano, con Minoli e con Mentana, è l’ideatore e autore del programma che tornerà in onda a gennaio su Italia 1, e non su Canale 5 come lo stesso Parenti avrebbe desiderato. E dice: «C’è una sola parola per descrivere quello che noi abbiamo fatto: abbiamo raccontato. E racconteremo ancora molto su questa vicenda, che è intricata e contraddittoria». I servizi con Giulio Golia sono stati una ventina. Perché così tanti? «Perché cercavamo di capire, di spiegare. Siamo un varietà, certo, ma un varietà anomalo. In tv Un fotogramma tratto da uno dei numerosi servizi della lena Giulio Golia su Stamina Allora è successo che abbiamo cominciato a seguire la storia di un bambino di Trapani, che ha fatto quelle infusioni, ed è stato un poco, un pochissimo meglio. Ma è stato meglio. E allora ne abbiamo seguiti altri di bambini malatissimi, che da quelle cure compassionevoli traevano un sollievo. Lo dicevano i loro genitori, lo dicevano i medici che li seguivano». Non c’era il rischio di creare penose illusioni in altri malati? «Attenzione, noi non abbiamo mai detto che la cura funziona. Abbiamo visto, rendendone testimonianza, che manda dei segnali. Sono dei condizionamenti psicologici, dei placebo, sono quello che vuole lei. Ma ci sono. Basta guardare le cartelle cliniche». Le hanno viste tutti, queste cartelle cliniche? «Il ministro non le aveva viste. Gliele abbiamo portate noi. Noi abbiamo incontrato i medici che hanno in cura i bambini. Perché nessuno va a parlare con loro? Perché nessuno va a Brescia? Perché la bufera si scatena lontano dalle prove? Non solo è giusto, ma è sacrosanto e doveroso vederci chiaro». Voi insomma non avete difeso Stamina? «Noi abbiamo avuto curiosità per un tipo di cure, ripeto compassionevoli, che mandavano dei segnali. Come con il metodo Zamboni. Io credo che adesso si sia scatenata una caccia alle streghe con la quale non sono d’accordo». Lei dice così pure di fronte alla parola «truffa»? «In questo paese i giudici fanno si che certe persone si curino con Stamina. E nessuno, per contro, va a vedere i protocolli». Non c’è il rischio che un mezzo potente come la tv sfrutti la disperazione per fare spettacolo? «Abbiamo seguito la storia di Sofia e degli altri bambini con molto rispetto. Può darsi che la madre di Sofia abbia le traveggole e che Vannoni sia un poco di buono, ma noi almeno abbiamo cercato di capire che cosa succede, se è vero che ci sono dei piccoli miglioramenti nella salute dei bambini, curati con Sta-mina da genitori disperati. E ci sono le cartelle cliniche a dimostrare che qualche miglioramento c’è. Non siamo noi delle Iene, a dover dimostrare che i protocolli scientifici sono stati rispettati oppure no. Ma se genitori e medici ci dicono che un miglioramento c’è stato, non possiamo tacerlo»