Metodo Stamina Brescia non ce la fa troppe le sentenze

Avvenire
Francesca Lozito

Lo scontro sul metodo Stamina si sposta sul fronte lombardo. Siamo alla vigilia della presentazione daarte del patron di Stamina foundation, Davide Vannoni, del ricorso al Tar di Brescia per chiedere la rimozione del blocco imposto dall’Agenzia italiana del farmaco nel maggio 2012 alla produzione specifica di cellule staminali mesenchimali nel laboratorio degli Spedali civili di Brescia. Un blocco dichiarato perché il laboratorio non è stato ritenuto adeguato alla coltura cellulare avanzata secondo gli standard specifici richiesti dalla direttiva europea recepita dall’Italia, ma anche perché durante l’ispezione è stata riscontrata una condizione generale di disattenzione nei confronti, ad esempio, del trattamento di campioni e provette. Brescia tenta di difendersi dagli attacchi di Vannoni e dei suoi sostenitori, in particolare di chi come Guido De Barros e Caterina Ceccuti, genitori della piccola Sofia, vorrebbero che la bambina – il caso simbolo della trasmissione televisiva le Iene – proseguisse con le infusioni oltre le cinque già fatte.

«L’Azienda Spedali Civili di Brescia è legittimata per legge solo a completare i trattamenti già avviati. Detti trattamenti – ha dichiarato nei giorni scorsi la direzione generale ad Avvenire – prevedono 5 infusioni. Le 5 infusioni sono stabilite da Protocollo Stamina, cui l’Azienda Spedali Civili si attiene sin dall’inizio. Di conseguenza – concludono nella risposta ufficiale – l’Azienda ritiene di evidenziare ai giudici, a fronte di diverse richieste dei pazienti, l’esigenza di rispettare tale limite, nonché i problemi che si pongono procedendo a ulteriori infusioni». Ieri dunque la strategia di difesa è proseguita con i numeri: «Trentasei pazienti in cura sono la massima capacità operativa». Perché nel nosocomio bresciano non esiste solo Stamina. Questa scelta viene infatti motivata dagli Spedali civili per poter garantire la «regolarità dell’attività sanitaria ospedaliera che è dovuta a tutti i pazienti che, spesso affetti da gravi patologie, sono bisognosi delle prestazioni mediche e strumentali che istituzionalmente sono erogate con cure scientificamente validate».

Nessuna garanzia per i 123 in lista di attesa per effetto delle sentenze dei giudici che hanno dato ragione a chi ha chiesto di essere sottoposto a questo discusso metodo. Anche se si registra un’inversione di tendenza: il Tribunale di Pavia han detto no alla somministrazione della terapia Stamina a un ragazzo pavese di 20 anni, colpito da una grave malattia neurodegenerativa. «Il paziente – scrivono i giudici motivando la decisione – ha diritto a essere curato, ma lo Stato ha il dovere di tutelare i malati da sperimentazioni che non hanno certezze scientifiche». Mentre si attende una risposta ufficiale da parte della Regione Lombardia sulla posizione che intende prendere per tutelare la struttura sanitaria pubblica bresciana, dopo la sollecitazione venuta dall’interrogazione presentata l’altro ieri dal Consigliere del partito democratico Gianni Girelli, il segnale più importante dovrà venire dal ministro Lorenzin, che, passate le turbolenze della crisi di governo potrebbe ricalendarizzare, dopo il rinvio di lunedì scorso, la relazione al Parlamento sui risultati della Commissione ministeriale incaricata di vagliare il metodo già la prossima settimana.