Staminali, sì della Camera al decreto

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Il Messaggero
Carla Massi

LA LEGGE ROMA Via libera alla sperimentazione con le cellule staminali (metodo Stamina) nei casi in cui non siano a disposizione altre terapie. L’aula della camera ha approvato il decreto con 504 sì, 4 astenuti e un contrario. Ora il testo dovrà tornare al Senato per il voto definitivo. Al sì che vincola la sperimentazione a regole ferree da rispettare in nome della sicurezza dei pazienti, dell’etica scientifica e del controllo della spesa. Chi ha già iniziato la cura, come la piccola Sofia di tre anni e mezzo malata di leucodistrofia metacromatica e diventata il simbolo della lotta delle famiglie che chiedono di poter scegliere questa terapia, potrà proseguire. IL MEDICO Ma, come si legge, nel decreto «sotto la responsabilità del medico prescrittore, nell’ambito delle risorse finanziarie disponibili secondo la normativa vigente». Questo dal momento che il metodo Stamina, non essendo stato sperimentato a sufficienza, viene concesso solo ad alcuni pazienti con particolari caratteristiche e in un lasso di tempo (per quanto riguarda i nuovi) che va dal 1 luglio ai 18 mesi a seguire. A tutelare la sicurezza dei pazienti il controllo dell’Agenzia italiana del farmaco, l’Istituto superiore di sanità e il Centro nazionale trapianti. Il finanziamento: fino a tre milioni di euro. I medicinali che verranno utilizzati per il metodo Stamina dovranno essere preparati secondo protocolli già approvati con la supervisione degli istituti scientifici pubblici che dovranno anche occuparsi della valutazione dei risultati della sperimentazione. Ogni sei mesi è prevista una relazione alle commissioni per verificare anche l’impiego delle risorse stanziate per la sperimentazione Alcuni giorni fa il fondatore della Stamina Foundation, Davide Vannoni, aveva detto, in tono polemico: niente pubblicità del metodo se la ricerca non sarà avviata attraverso laboratori «non farmaceutici, cioè quelli per i trapianti». «O si consente di lavorare con gli standard per i trapianti, quindi, o niente». Di fatto, facendo una retromarcia rispetto alla possibilità di sottoporre a test scientifico la terapia messa a punto da Stamina. Proprio perché ricercatori, esperti degli istituti pubblici e famiglie dei pazienti possano lavorare insieme (il caso Di Bella di una quindicina di anni fa insegna) è stato istituito un Osservatorio con compiti di monitoraggio e garanzia di trasparenza. IN AULA Tra il si a Palazzo Madama e quello di Montecitorio il decreto, che ha visto la luce quando ministro della Salute era Renato Balduzzi, sono state portate modifiche importanti per mettere paletti all’organizzazione e allo svolgimento della sperimentazione. In testa il controllo degli istituti scientifici. Un testo, sono le parole del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, che «bilancia il diritto alla salute e la libertà di cura tenendo conto della sofferenza delle famiglie ma anche della necessità di mettere in sicurezza i pazienti». Proprio questo sforzo di equilibrio ha portato ieri al voto quasi unanime in aula. «Un buon punto» come ha commentato la democratica Donata Lenzi. Che consentirà, a parlare il capogruppo Pdl Raffaele Calabrò «un lavoro corretto per i pazienti di oggi e domani». Il Parlamento, ha chiarito anche Silvia Giordano a nome del Movimento Cinque Stelle «ha fatto ciò che poteva per consentire la sperimentazione».