Decreto Balduzzi, sulle staminali si cambia

Avvenire
Francesca Lozito

Legge sulle staminali, la politica ora frena. Ieri in Commissione affari sociali è ripreso l’esame del testo, approvato il 10 aprile dal Senato. In audizione i rappresentanti delle istituzioni, le associazioni dei malati e i rappresentanti di Stamina foundation, il cui controverso metodo di infusione di cellule staminali mesenchimali (prelevate dal midollo spinale, ndr) è al centro del dibattito da quando, a metà marzo, l’ex ministro della Salute Renato Balduzzi aveva promosso l’azione giuridica per sanare la situazione di richiesta del trattamento da parte di una trentina di famiglie di ammalati, che, per ottenerlo, si erano rivolte alla giustizia.

Stamina aveva subito lo scorso anno due ispezioni dei Nas e dell’Agenzia per il farmaco (Aifa), oltre che un’indagine del procuratore di Torino Raffaele Guariniello per non avere rispettato i protocolli necessari per avviare una sperimentazione. Guariniello ha rinviato a giudizio 12 persone tra cui lo stesso Davide Vannoni, presidente di Stamina, per reati che vanno dalla truffa alla somministrazione di farmaci imperfetti. Il nodo della questione ieri è stato tecnico: la cellula staminale, una volta trattata in laboratorio, è farmaco o trapianto? Il motivo della discussione è originato dalla modifica del decreto Balduzzi operata in Senato. Non una questione da poco: secondo una direttiva europea, recepita anche in Italia, la cellula trattata è a tutti gli effetti un farmaco e per questo deve essere sottoposta al controllo degli organi competenti (in Italia Aifa e Centro nazionale trapianti). Ieri le posizioni più nette sono state espresse in audizione da Luca Pani e Alessandro Nanni Costa. Il primo, direttore generale dell’Aifa, ha dichiarato che «il metodo Stamina usa questa cosa tutta uguale per tutte le malattie. Questo si chiama olio di serpente». «È evidente – ha affermato dal canto suo il direttore del Centro nazionale trapianti – la non legalità di quello che sta avvenendo a Brescia, dove i primi 12 pazienti trattati avevano 12 malattie diverse, ed è quindi chiaro che non c’è la costruzione di un disegno scientifico». Vannoni ha replicato duramente parlando ai deputati di «catastrofismo» e «rischio eutanasia» per la negazione del suo metodo, trovando supporto in Consulcesi, associazione per la tutela legale dei medici, favorevole a Stamina, che ha diffuso dati secondo i quali due medici italiani su tre sarebbero a favore di una norma “permissiva”. A completare una giornata di confronti sul delicato tema, è infine arrivato l’appello di dodici centri di ricerca italiani, come Mario Negri, Telethon e La Sapienza, che rivolgendosi al neo-ministro della Salute Lorenzin chiedono di stoppare il decreto Balduzzi. Oggi i lavori in commissione riprendono con l’esame degli emendamenti. Tre i fronti su cui si lavora per migliorare il testo: riconsiderare farmaci le staminali, sanare la situazione dei 30 malati che hanno iniziato l’infusione di cellule trattate col metodo Stamina e subordinare a un rigoroso protocollo i prossimi – eventuali – accessi.