Stamina, le 10 risposte

Oggi
Valentina Arcovio

Prima la piccola Celeste, affetta da atrofia muscolare spinale. Con lei anche Daniele, 6 anni, colpito dalla malattia di Niemann-Pick, e Smeralda, di appena 22 mesi e un grave danno cerebrale proprio al momento della nascita. Poi è stato il turno di Sofia, la bimba fiorentina affetta da leucodistrofia metacromatica, e di Federico, colpito dalla malattia di Krabbe. L’elenco dei protagonisti è più lungo, una trentina, e vario. La trama di ogni storia, invece, è la stessa: tutti si ritrovano alle prese con malattie che la medicina tradizionale non riesce a sanare e come ultima speranza si sono rivolti alla Stamina Foundation, che ha brevettato un trattamento a base di cellule staminali, bocciato più volte dalle autorità. Da qui la battaglia nei tribunali e le sentenze contraddittorie che hanno permesso ad alcuni di sottoporsi alle cure e ad altri no. Complici gli appelli dei familiari sui media, la vicenda è diventata un caso nazionale. E neanche la recente approvazione del decreto-legge, che in via eccezionale permette ai pazienti che hanno avviato la terapia di proseguirla, è riuscita a portare chiarezza. Anzi, il Senato ha stabilito che dovrà essere il Parlamento a individuare i comportamenti sanitari per il futuro e non un regolamento ministeriale. Abbiamo allora chiesto ai massimi esperti italiani di aiutarci a capire le varie sfaccettature dell’intricata faccenda. CHE COSA SONO LE CELLULE STAMINALI? «Sono cellule di riserva del nostro organismo», spiega Giuseppe Novelli, genetista all’Università Tor Vergata di Roma, «che possono specializzarsi e trasformarsi in altri tipi di elementi cellulari, e nel contempo rigenerarsi. Questa riserva serve a sostituire e riparare le cellule morte o danneggiate». QUALI CELLULE USA IL METODO STAMINA? «Da quel poco che sappiamo», continua Novelli, «vengono impiegate le cosiddette cellule mesenchimali, cioè staminali adulte presenti nel midollo osseo. Ma non si ha idea di come vengano prodotte e trattate». CI SONO CURE CON STAMINALI AUTORIZZATE? «Certo. Sono oltre 200», riferisce il genecista, «quelle approvate nel mondo ‘dalle autorità regolatorie. Significa che l’autorizzazione è giunta dopo la presentazione di protocolli dettagliati e nel rispetto di rigide regole a tutela dei pazienti. PERCHÉ SI CRITICA IL METODO STAMINA? «Nessuno è contro il “metodo Stamina”, dice Francesca Pasinelli, direttore generale di Telethon, «per il semplice fatto che non si può esprimere un’opinione contro qualcosa che non si conosce. Come l’intera comunità scientifica, vorremmo che il presidente di Stamina, il professor Davide Vannoni, e il suo collaboratore, il dottor Marino Andolina, mettessero a disposizione di tutti il loro protocollo, i risultaci degli esperimenti, i dati su cui si sono basati quando hanno deciso che valeva la pena d’intervenire su persone malate». QUALI REQUISITI IDEALI DOVREBBE AVERE IL METODO STAMINA? «La trasparenza, così come l’affidabilità e la ripetibilirà, sono criteri indispensabili per tutelare la salute del singolo paziente e dell’intera collettività», risponde Cinzia Caporale, membro del Comitato Nazionale per la Bioetica. «Questo non significa voler soffocare un trattamento sperimentale in una rigida rete di regole, ma valutarne attentamente tutti gli aspetti, cercando di approdare a una soluzione che ponga al primissimo posto la salute del cittadino. QUESTE REGOLE VALGONO IN TUTTA EUROPA? «In Europa esiste l’Ema (l’Agenzia europea per i medicinali), un ente regolatorio che si relaziona con tutti quelli nazionali, e che stabilisce le regole e i controlli necessari», spiega Paolo Gasparini, genetista all’Ospedale Burlo Garofalo di Trieste e rappresentante italiano del Comitato per le terapie avanzare (Cat) dell’Ema. «I criteri dell’Ema prevedono che i trattamenti sperimentali debbano rispondere a una serie di requisiti fondamentali. Quali? Devono essere documentati, accessibili alla comunità scientifica, riproducibili e sicuri». IL METODO STAMINA E UNA CURA COMPASSIONEVOLE? «No, perché non risponde ai requisiti fondamentali previsti dal quadro normativo che regolamenta l’uso “compassionevole” di un farmaco», spiega Silvio Garartini, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Aifa (l’Agenzia italiana dal farmaco). «Nella definizione “trattamento compassionevole”, infatti, rientrano i medicinali o le terapie cellulari di cui è stata già presentata una documenrazione relativa alla loro sicurezza ed efficacia, anche se parliamo di trattamenti ancora in corso di approvazione». PERCHÉ LE SENTENZE DEI GIUDICI SONO COSÌ CONTRASTANTI TRA LORO? Spiega Amedeo Santosuosso, docente di Diritto all’Università di Pavia e consigliere presso la Corte d’Appello di Milano, che «se escludiamo la decisione del Tar di Brescia (che ha respinto la richiesta di sospensiva della delibera dell’Aifa, che impediva l’accesso al trattamento per mancanza di evidenze scientifiche), gli altri sono tutti provvedimenti d’urgenza presi da giudici ordinari di Tribunali del lavoro. Tali giudici, in attesa di sentenze definitive, hanno basato la loro decisione solo sul racconto delle famiglie e non sul parere di tecnici». PERCHÉ IN ALTRI LABORATORI E POSSIBILE INIETTARE STAMINALI SENZA PROBLEMI? «Perché sia i laboratori, sia il trattamento in questione hanno ricevuto le autorizzazioni necessarie per procedere con la somministrazione delle staminali nell’uomo», spiega Elena Cattaneo, direttore del Centro per la ricerca sulle cellule staminali dell’Università di Milano. «Il punto cruciale sta tutto qui: senza queste autorizzazioni, chiunque può crearsi un piccolo laboratorio nel proprio sottoscala e cominciare a iniettare sostanze anche pericolose per i pazienti». UN CONTENITORE PER LA CRIOCONSERVAZIONE. OGGI CHE NORME REGOLANO L’ACCESSO A UNA TERAPIA SPERIMENTALE? «Il nuovo decreto del ministro Renato Balduzzi ha reso ancora più stringenti le regole per accedere a una terapia “compassionevole”», spiega Bruno Dallapiccola, direttore scientifico dell’Irccs Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. «I medicinali dovranno essere preparati solo presso laboratori autorizzati e le staminali in Cell Factory specializzate in questo tipo di produzione. Vengono inoltre identificate precise responsabilità professionali: se la terapia non funziona o, peggio, crea danni ne rispondono sia il prescrittore, sia il produttore. E sarà obbligatoria la comunicazione dei dati clinici e degli esiti sui pazienti».