Per quali motivi i magistrati hanno deciso di avviare un’indagine

Corriere della Sera
Mario Pappagallo

Somministrazione di farmaci imperfetti, pericolosi per la salute pubblica, truffa e associazione per delinquere. Non sono leggeri i reati ipotizzati dalla Procura di Torino nel chiudere — fine agosto 2012 – le indagini preliminari sulle attività della onlus Stamina Foundation. Il fascicolo è stato aperto nel giugno 2009 (dopo un’inchiesta giornalistica del Corriere della Sera) dal procuratore Raffaele Guariniello e si è chiuso con 12 nomi di indagati, tra cui alcuni medici e il presidente della Stamina, Davide Vannoni, 42 anni. Le vittime sarebbero malati di gravi patologie neurodegenerative a cui veniva promessa la guarigione e i loro parenti. Con quale cura? Le stesse infusioni di staminali mesenchimali (forse trattate in modo particolare) oggi al centro del caso politico-mediatico-giudiziario, molto italiano, che le vuole fondamentali come cura compassionevole in situazioni limite, senza per ora una via di uscita. Riavvolgiamo il filo della storia tornando dall’oggi al momento in cui si comincia a indagare. All’epoca di cura compassionevole, che poi non significa guarigione bensì l’uso di un farmaco che può dare anche un minimo miglioramento quando ogni cura è fallita, oppure non esiste (e il destino è segnato), non si parlava. I depliant divulgativi che circolavano tra pazienti paraplegici nel 2009 (e che sono agli atti della magistratura) non lasciavano dubbi: oltre mille casi trattati, recupero del danno dal 70 al 100% (per esempio, 72 recuperi su 90 ictus trattati). I documenti attestanti questi risultati dovrebbero trovarsi negli ospedali o presso gli specialisti che avevano in cura questi casi. Forse sarebbe il caso di cercarli o di tirarli fuori, se qualcuno li ha. Forse riguardano pazienti russi, dove Davide Vannoni dice di aver conosciuto la tecnica nel 2004 facendosi curare con le staminali, a quanto riferisce, una paresi facciale che lo aveva colpito (come racconta in un’intervista del settembre 2012 rilasciata a Bresciaoggi): recupero, a suo dire, del 50% del nervo. Curato da due universitari russi, racconta nell’intervista Vannoni. In effetti si tratta di due biologi che lavoravano in Ucraina. La tecnica è la stessa che la Stamina propone da allora e su cui vi sarebbe una richiesta di brevetto. Nomi e qualifiche in questa vicenda non sono da sottovalutare. Vannoni si presenta come professore associato dell’Università di Udine in Psicologia. Secondo i riscontri della Procura di Torino è laureato in Lettere e Filosofia. Comunque, senza entrare nel merito della qualifica universitaria, la formazione appare più umanistica che medica. E c’è quella richiesta di brevetto che finora sembra avere impedito la verifica della tecnica da parte di altri scienziati che non è chiaro che cosa riguardi. Le cellule staminali in quanto tali, così come i geni, non dovrebbero nemmeno essere brevettabili. Sono i metodi, caso mai, di coltivazione, attivazione e conservazione che potrebbero non essere uguali a quelli noti. Tornando all’inchiesta, la onlus Stamina Foundation — secondo gli inquirenti — chiedeva ai pazienti dai 25 mila ai 50 mila euro. Da inviare tramite bonifico ma precisando che il versamento era una «donazione» alla onlus, dal momento che certi trattamenti non erano permessi. Un paziente, colto da malore dopo una puntura lombare, si fece ricoverare in ospedale a San Marino, dove raccontò ai medici che stava seguendo una terapia cellulare: fu invitato a ritrattare, a dire di essersi sbagliato perché in stato confusionale. Da quanto risulta dagli atti dell’inchiesta sono stati una settantina i «clienti» identificati dai carabinieri del Nas. Nelle carte dell’indagine, anche un video promozionale: si vedono le evoluzioni di un ballerino russo che sarebbe tornato a danzare dopo il trattamento con le staminali, mentre prima era immobilizzato da una malattia neurologica. Il filmato veniva fatto vedere da Vannoni, che a molti pazienti-clienti avrebbe detto anche: non c’è nessuna controindicazione, il trapianto viene fatto da specialisti ucraini. Con la raccomandazione finale ripetuta ogni volta: nessuna pubblicità, in Italia è tutto vietato (anche questo risulterebbe dalle testimonianze raccolte in fase istruttoria dagli inquirenti). Fra i coindagati compaiono i presunti inventori, i biologi Vyacheslav Klymenko ed Elena Shchegelskaya: si erano stabiliti a Moncalieri e collaboravano alle prime applicazioni della «metodica Stamina», a loro attribuita, in un sottoscala di via Giolitti 41 dove, ai piani superiori, avevano sede sia l’azienda di ricerche di mercato di Davide Vannoni (Cognition) sia la sua Fondazione per la medicina rigenerativa. Un sottoscala utilizzato per la manipolazione delle cellule staminali prelevate dalla cresta iliaca dei pazienti, per poi reiniettarle (una volta coltivate e moltiplicate: così veniva detto, ma non c’è certezza) dopo 15-20 giorni nel midollo spinale. Tramite puntura lombare, anche in questo caso stando agli atti. Sul tavolo di Guariniello ci sarebbe anche l’esposto dettagliato di un ex dipendente di Cogniton. Le «iniezioni lombari di staminali rigenerate» sono state via via spostate nel laboratorio Lisa di Carmagnola, in due centri di San Marino (uno dei quali noto semmai per le cure estetiche), all’Irccs Burlo Garofolo di Trieste. Il penultimo troncone di indagine ha portato all’Ospedale generale Zona Moriggia Pelascini di Gravedona (Como), accreditato con il servizio pubblico. Poi la convenzione si è fermata ed è ricomparsa con Brescia. Ma questa è storia attuale. Dalla Regione Piemonte, nel 2007, Vannoni stava per ottenere 500 mila euro sulla base di una «documentazione scientifica» ritenuta di «scarso interesse». In una sanità in crisi colpisce l’ipotesi di uno stanziamento di tale entità per un metodo mai approvato dal Consiglio superiore di sanità né dall’Agenzia italiana del farmaco (Alfa) perché a richiesta di informazioni sulla tecnica sembra abbiano sempre prevalso dinieghi giustificati dalla richiesta di brevetto. I chiarimenti su tutto dovrebbero arrivare dai giudici torinesi, che hanno concluso la fase istruttoria praticamente da fine dicembre 2011 e depositato le carte per la richiesta di rinvio a giudizio nel 2012 per 12 dei 13 indagati. E ora si attendono i risultati delle perizie sul caso Brescia (nuovo filone o stessa inchiesta?) e sul destino dei vari malati che hanno usufruito del «metodo Stamina» in passato. I carabinieri del Nas hanno acquisito documenti (tra cui i bonifici dei pagamenti, ufficialmente donazioni alla Fondazione) e ascoltato decine di pazienti e di loro parenti. La cura con le staminali non è autorizzata in Italia, se non in caso di sperimentazioni super controllate. Stamina invece, secondo l’inchiesta la proponeva a malati di Parkinson, di sclerosi laterale amiotrofica (Sla), di sclerosi multipla. A pazienti con lesioni spinali, paralisi cerebrale infantile, colpiti da ictus. A pazienti oncologici, a bambini affetti da rare patologie. Soprattutto a parenti pronti a tutto per tentare l’ultima carta. Questo nella fase pre-inchiesta, ora la via è quella della «cura compassionevole».