Ricorsi, sentenze, decreti: si complica il “caso Stamina”. E ora il ministro Balduzzi tende la mano agli scienziati

E’ vita- Avvenire
Francesca Lozito

Un decreto di tre articoli. Il terzo è un via libera alla prosecuzione del trattamento con il metodo Stamina per Sofia e per le altre persone che lo hanno già avviato. L’ approvazione nel Consiglio dei Ministri di una settimana fa, la pubblicazione il 25 marzo in Gazzetta ufficiale per il provvedimento che, secondo le intenzioni del titolare del dicastero della sanità Renato Balduzzi dovrebbe chiudere la querelle sulla prosecuzione di una cura, quella con le cellule staminali mesenchimali preparate con un metodo di cui non si conosce la procedura e che non ha ricevuto alcun tipo di approvazione. Il Ministero ha giustificato la scelta dicendo che «la norma si basa sul principio etico per cui un trattamento sanitario che non abbia dato gravi effetti collaterali non deve essere interrotto». Per questo, il comma due dell’articolo 3 è scritto su misura per il metodo Stamina: «Le strutture pubbliche in cui sono stati comunque avviati, anteriormente alla data di entrata in vigore del presente decreto, trattamenti su singoli pazienti con medicinali per terapie avanzate a base di cellule staminali mesenchimali, anche se preparati presso laboratori non conformi ai principi delle norme europee e alle disposizioni ministeriali possono completare i trattamenti medesimi». Decisione che ha lasciato di stucco la comunità scientifica. Balduzzi, che oggi dovrebbe incontrare gli scienziati italiani contrari alla sua decisione, si difende dicendo che il decreto ha voluto ovviare alla discriminazione avvenuta nei tribunali – attraverso i ricorsi fatti dai genitori dei piccoli – tra chi ha potuto continuare l’infusione e chi no. E che il paletto più grosso messo dal decreto sarebbe l’acquisizione dei dati dinici da parte dell’Aifa e dell’Istituto superiore di sanità, oltre che l’utilizzazione in un ospedale pubblico. Ieri intanto una signora di Catania ha denunciato una «discriminazione» nell’accesso al metodo Stamina e ha chiesto di poterlo fare agli Spedali civili di Brescia, dove la piccola Sofia ha fatto le prime due infusioni.