Procreazione, il governo ricorre a Strasburgo

il Messaggero
Ettore Colombo

Il governo italiano ha depositato presso la Grande Chambre della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, quale giudice di seconda istanza, la domanda per il riesame della sentenza Costa-Pavan sulla procreazione assistita. Non appena si diffonde, in tarda serata, la notizia, fioccano le reazioni polemiche, specialmente da parte laica e radicale, mentre i cattolici (Buttiglione dell’Udc in testa) difendono la decisione presa. Vediamo i fatti. In ballo c’è naturalmente la legge 40, che ha già subito ben 17 bocciature e che era già finita diverse volte nel mirino delle sentenze dei tribunali italiani, e ben cinque volte sui banche della Corte Costituzionale. Giudici di diverso rango hanno, dunque, ordinato l’esecuzione delle tecniche di fecondazione secondo i principi costituzionali, affermando i diritti delle coppie e non quelli contenuti nella legge 40, legge varata ai tempi del governo Berlusconi (2005). Accade, dunque, che l’agente del governo italiano presso la Corte europea dei diritti dell’uomo deposita, su istruzioni del Ministero degli Esteri, la domanda di rinvio per il riesame della sentenza 28 agosto 2012 con cui era stato accolto il ricorso dei signori Costa-Pavan. 

La decisione italiana di presentare la domanda di rinvio alla Grand Chambre della Corte  – riferiscono fonti diplomatiche della farnesina – si fonda sulla encessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale:c ” il nostro ricorso – recita la nota governativa – si fonda sulla necessità di salvaguardare l’integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi”. Il caso specifico riguarda i coniugi Rosetta Costa e Walter Pavan che, nell’ottobre 2010, fecero ricorso alla Corte europea dopo che nel 2006, in seguito alla nascita del loro primo figlio affetto da fibrosi cistica, scoprirono di esserne entrambi portatori sani e così decisero di ricorrere alla procreazione assistita e alla diagnosi pre-impianto. Pratica, però, vietata dalla legge italiana.

Immediate, come si diceva, le reazioni, per lo più ostili alla decisione del governo. L’Associazione Luca Coscioni parla di tentativo disperato, da parte del governo, di salvare l’insalvabile: ovvero di una legge 40 che 19 decisioni italiane ed europee stanno smantellando, perchè incostituzionale e ideologica, sostiene Filomena Gallo, segretaria dell’Associazione, nata nella galassia del Partito Radicale. E aggiunge :” effettuare una diagnosi pre-impianto comporta due importanti risultati: evitare un aborto e mettere al mondo un figlio che non soffra. Questo governo non ha agito nel rispetto del diritto della salute, opera contro i cittadini italiani”. Il senatore del Pd e medico, Ignazio Marino, punta il dito: “si tratta di un fatto gravissimo” perché “la sentenza di Strasburgo è stata presa all’unanimità. La legge sulla fecondazione artificiale è da riscrivere – continua – perchè antiscientifica, incoerente e insensibile alle esigenze delle famiglie che desiderano avere un bimbo”. Drasticamente diverso è il giudizio del presidente dell’Udc, nonchè vice-presidente della Camera, Rocco Buttiglione: ” se come pare, il governo avesse presentato ricorso alla Corte europea a difesa della legge 40 avrebbe fatto correttamente il suo dovere. Il governo è tenuto a difendere in sede europea gli atti della Repubblica italiana. Semmai, se per caso, invece non l’avesse fatto – conclude Buttiglione – sarebbe venuto meno ai suoi doveri istituzionali.