Partiamo dallo scempio della sanità in questo paese e immaginiamo che Crivellini abbia una bacchetta magica e con un solo tocco trasformi la sanità  italiana in un modello virtuoso e trasparente, dove ogni euro che viene dalle nostre tasche sia utilizzato per il meglio della salute del cittadino, e mettiamo che questo avvenga domattina. Anche in questa condizione i sistemi sanitari nazionali, come in paesi economicamente più sani,  si trovano di fronte a un problema già grave: una popolazione che invecchia, un numero di giovani sempre minore che deve pagare una quota sempre maggiore del proprio salario per assistere degli anziani che vivono più a lungo ma si ammalano di malattie croniche che richiedono una assistenza che spesso il sistema sanitario nazionale di tutti i paesi europei non è in grado di fornire. Questa è la premessa.

In questi 10 anni dell’Associazione Coscioni la ricerca è andata avanti e alcune terapie con le cellule staminali sono arrivate in clinica e hanno avuto successo: 18 bambini affetti da immunodeficienza congenita, per cui normalmente muoiono per un raffreddore e devono vivere in una bolla con l’aria filtrata, sono stati curati con la terapia genica delle cellule staminali al San Raffaele, senza un solo euro di Daccò, e sono tutti guariti, vanno a scuola, non prendono più medicine e hanno l’altezza e il peso della loro naturale età. E’ chiaro che per la SLA, per altre malattie del sistema nervoso, ci vorrà più tempo, perché non tutte le malattie sono ugualmente facili da curare. Ma non è questo il punto. Il punto è che queste terapie costano molto. Noi abbiamo a un estremo le malattie come l’infarto e le malattie cardiovascolari che colpiscono la maggior parte della popolazione e che sono d’interesse per l’industria.

Purtroppo ci sono malattie sufficientemente rare da non suscitare un reale interesse della multinazionali farmaceutiche, ma sufficientemente comuni da essere un enorme problema socio-sanitario. Tra le malattie cosiddette “rare”, alcune come la fibrosi cistica, la emofilia, la distrofia muscolare colpiscono migliaia di pazienti. Un trattamento di terapia genica o cellulare viene a costare, dopo che tutta la pre-clinica, la sperimentazione animale, la tossicologia sono state completate, anche centinaia di migliaia di euro. Supponiamo che una di queste terapie prima o poi funzioni: in quale situazione ci verremmo a trovare? Che un domani invece di dire a una madre: “la malattia che affligge suo figlio purtroppo non ha una cura”, ci si potrebbe trovare in una situazione in cui si dice: “la cura c’è ma costa troppo e non la possiamo somministrare”. E questo è cento volte peggio. Questo è un problema da affrontare non fra qualche anno ma domani mattina.

Leggevo che il governo dell’Olanda, uno dei paesi relativamente più ricchi d’Europa, sta discutendo se mantenere o meno la somministrazione di una terapia sostitutiva, in cui l’enzima che manca a causa della mutazione viene sintetizzato in vitro e somministrato periodicamente al paziente. Questo é il caso della malattia di Pompe, la cui terapia costa 700 mila all’anno a paziente; i pazienti sono circa un centinaio per cui, in un momento di crisi economica, qualcuno ha cominciato a obiettare che il costo é eccessivo e se il Governo Olandese decidesse di non somministrate più il trattamento, questo significherebbe condannare a morte dei pazienti che potrebbero essere curati. Siamo in Olanda, uno dei paesi più civili d’Europa. Quindi ci troviamo di fronte un problema enorme e anche se l’esperienza insegna che col tempo i costi si riducono, qui siamo sempre un ordine di grandezza in eccesso.

In passato l’Associazione ha condotto una battaglia per le staminali embrionali; adesso abbiamo di fronte una sfida diversa ma non meno importante, quella di creare un tavolo di lavoro, che coinvolga medici, ricercatori, associazioni di pazienti a livello europeo direi, perché i paesi europei ha un servizio sanitario nazionale simile ma completamente diverso dagli Stati Uniti ( dove l’assistenza é solo privata e va pagata in anticipo con onerose assicurazioni). Dovremo andare a Bruxelles, parlare con l’Ema, con la Cee, bisogna cercare di ridurre i costi di queste terapie senza compromettere, per quanto possibile, la sicurezza dei pazienti. Vi faccio un esempio semplice: se noi dobbiamo crescere cellule dei pazienti con del serio che viene da bovini vogliamo essere sicuri al mille per cento che non ci siano stati episodi di infezione da prioni (la mucca pazza) e per questo i controlli, a qualsiasi costo sono essenziali. Ma per vedere se le cellule sono contaminate da un parassita endocellulare, chiamato micoplams basta una reazione (PCR) che costa pochi euro. Invece viene richiesto un saggio specifico (e inutile) che viene svolto da una ditta specializzata per 30 mila euro. Questi sono costi da tagliare. In conclusione, un impegno che dobbiamo prendere come Associazione, pure con tutte le nostre divergenze e contrasti perché abbiamo origini e anime diverse, è di renderci conto che le nuove terapie cominciano a funzionare ma costano tanto, troppo. Il servizio sanitario nazionale non sarà in grado di somministrarle a chi ne ha bisogno. Mi sembra un problema davanti al quale non si possa chiudere gli occhi.