Fecondazione, legge inumana – Filomena Gallo: Al primo posto il diritto alla salute

Il Manifesto

La Corte di Strasburgo boccia l`Italia sulla procreazione assistita: la legislazione viola i diritti dell`uomo

A Rosetta Costa e Walter Pavan, cittadini romani di 37 e 35 anni, il pensiero di ricorrere alla giustizia italiana non li ha nemmeno sfiorati. La legge 40, d`altronde sbandierata per anni ai quattro venti come vessillo dei nuovi crociati italiani, è sul punto chiara: le coppie fertili come loro, ma portatrici di malattie genetiche gravi, non possono accedere alla procreazione medicalmente assistita (Pma) e dunque non possono tentare, tramite gli esami diagnostici sull`embrione, di avere un figlio sano. La coppia in questione sa già cosa vuol dire avere un figlio malato, di fibrosi cistica in particolare, grave patologia di cui sono portatori sani. Per questo hanno chiesto giustizia direttamente a Strasburgo. E la Corte europea dei diritti dell`uomo, riconoscendo le loro ragioni, ha condannato l`Italia per violazione dell`articolo 8 della Convenzione europea dei diritti umani, quello che impartisce il rispetto per la vita privata e familiare di ciascuno.

Per i giudici europei, inoltre, il sistema legislativo italiano, consentendo per altri versi il ricorso all`aborto terapeutico, è «illogico». Irrazionale, come la legge che nel 2004 venne offerta dal governo Berlusconi al Vaticano come dono rituale, ponendo sull`altare sacrificale il diritto. «Illogico» che Rosetta Costa abbia dovuto, a causa di questi veti, abortire quando, nel 2010, di nuovo incinta, si accorse con un`amniocentesi che ancora una volta aveva trasmesso al feto la malattia.

Per questo la Corte europea ha di fatto bocciato gli articoli 4 e 13 della legge 40: il primo restringe le tecniche di Pma alle sole coppie sterili o infertili, o nel caso in cui l`uomo sia colpito da una malattia virale trasmissibile per via sessuale come l`Hiv o l`epatite B e C; e il secondo preclude a ogni altra coppia il ricorso alla diagnosi pre-impianto, schermandosi dietro il divieto «di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti». A causa di queste norme, da otto anni centinaia di donne e uomini che ambiscono a formare una famiglia, e possibilmente sana, sono costrette a viaggi della speranza in uno dei quindici Paesi europei dove la fertilizzazione in vitro e lo screening embrionale è consentito (Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Finlandia, Francia, Grecia, Paesi Bassi, Norvegia, Portogallo, Russia, Slovacchia, Slovenia, Spagna Svezia e Regno Unito).

La sentenza che condanna l`Italia a versare subito alla coppia romana 15 mila euro per danni e 2.500 euro per far fronte alle spese legali, non è però ancora definitiva e dunque non ha effetto immediato: il governo italiano che insieme al Movimento per la vita e a 52 parlamentari del Pdl e dell`Udc si era opposto in giudizio al ricorso della coppia Costa Pavan – appoggiata dall`associazione Luca Coscioni e da 60 parlamentari (tutti i nomi sul sito www.ilmanifesto.il) – ha tempo tre mesi per ottenere un secondo pronunciamento, questa volta davanti alla Grande Chambre. Dopodiché il governo non potrà fare altro che cancellare la legge 40, peraltro già fatta a pezzi in questi anni nelle aule di giustizia italiana.

Per Strasburgo inumano e incoerente è l`ordinamento italiano, che «da una parte priva i richiedenti dell`accesso alla diagnosi genetica pre-impianto e d`altra parte li autorizza a una interruzione di gravidanza se il feto risulta afflitto da quella stessa patologia». L`Alta corte fa anche riferimento, nella sentenza, a un`ordinanza del Tribunale di Salerno del 13 gennaio 2010 che per la prima volta autorizzava una coppia di genitori fertili ma portatori sani di atrofia muscolare ad accedere all`esame diagnostico prenatale.

Va da sé che «l`ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è quindi sproporzionata». E se «il governo italiano giustifica questa ingerenza» facendosi scudo della necessità «di proteggere la salute del bambino e della donna», è necessario, secondo il tribunale europeo rivedere «in primo luogo le nozioni di "embrione" e di "bambino"», che «non devono essere confuse». D`altronde non è colpa loro se i giudici di Strasburgo non riescono a «vedere in che modo, nel caso il cui il feto si riveli malato, un aborto terapeutico potrebbe conciliarsi con queste giustificazioni del Governo».

 

Al primo posto il diritto alla salute.

Filomena Gallo

La Corte europea dei diritti dell`uomo, sancendo l`estendibilità del diritto di accesso alla fecondazione assistita anche per le coppie non infertil i ma portatrici di malattie trasmissibili, conferma che la legge 40 viola l`articolo 8 della Convenzione Europea dei Diritti dell`uomo relativamente al rispetto della vita familiare.

Questa sentenza europea ha il vantaggio di avere portata generale, rispetto alle decisioni prese già in passato, in merito alla questione dai nostri tribunali, e chiaramente diventa fonte primaria per la giurisprudenza del nostro Paese. Giurisprudenza che in vari anni ha smantellato questa legge proibizionista e discriminatoria e lesiva in primis del diritto alla salute dei nostri cittadini ma che ora dovrà tener conto di questa decisione sovranazionale per abolirla definitivamente, se non ci riuscirà una politica inetta.

Come Radicali dell’Associazione Luca Coscioni anche noi vogliamo prenderci una parte del merito di questa sentenza: a Strasburgo c`eravamo a dare un supporto ai ricorrenti Rosetta Costa e Walter Pavan attraverso la presentazione di un «amicus curia" ovvero un intervento nel procedimento sottoscritto con l`«Associazione Amica Cicogna», «Cerco un bimbo», «L`altra cicogna», insieme con 60 tra parlamentari e europarlamentari di diversi schieramenti politici. Nella memoria scritta abbiamo fornito il maggior numero possibile di elementi che potevano favorire la formazione di una opinione giuridica e scientifica completa e non parziale, volta a tutelare in maniera effettiva i diritti garantiti dalla Convenzione.

Insieme al nostro contributo sono giunte sui tavoli dei giudici europei anche memorie con argomenti alquanto parziali, impostati su un`etica della sacralità della vita e non della libera scelta, da parte di gruppi organizzati che fanno riferimento ai network degli evangelici fondamentalisti statunitensi. E’ questo il caso dell`«European Centre for Law and Justice», filiale europea dell`‹American Center for Law and Justice», che ha presentato una memoria cui hanno aderito «Il movimento per la Vita» e anche numerosi parlamentari dell`Udc e del Popolo delle Libertà (52 parlamentari).

Evidentemente i giudici hanno preso atto, come parte per giungere alla decisione di ieri, di quanto invece proposto da noi che nel documento fatto pervenire alla Corte Edu abbiamo sottolineato in primis che il divieto della legge 40 in questione non ha fondamento né giuridico e neppure scientifico.

Riporto uno stralcio estrapolato dalla memoria:
«La legge numero 40/04 crea quindi una discriminazione per l`accesso alle cure in base alla patologia, poiché chi è infertile può accedere alla fecondazione assistita e può chiedere che sia effettuata la diagnosi sull`embrione e non trasmettere gravi malattie al nascituro. Invece chi non è infertile ma è fertile e portatore di patologie genetiche trasmissibili geneticamente non può accedere alla diagnosi preimpianto che può essere effettuata solo con la fecondazione in vitro. Quindi risulta palese una discriminazione in base alla patologia nell`accesso alle cure. Tale discriminazione crea un danno alla salute della donna fertile che procrea in modo naturale e può poi accedere a tecniche di diagnosi prenatale come la villocentesi, ecografia e amniocentesi e poi accedere all`interruzione di gravidanza che può determinare gravi danni alla salute e che di fatto mina l`assetto psicologico del soggetto. L`interruzione di gravidanza potrebbe essere evitata con una diagnosi sull`embrione prima del trasferimento in utero. L’ltalia con il divieto di accesso alla fecondazione medicalmente assistita per le coppie fertili portatrici di patologia genetica non consente nel principio di precauzione il rispetto della salute della donna. Tutto ciò entra in contrasto con l`articolo 8 e 14 della carta Europea dei diritti dell`uomo».

Proprio come confermato ieri dalla Corte Europea dei diritti dell`uomo.