Eutanasia, svolta della Cassazione “Il malato ha diritto di morire”.

di Piero Colaprico

Processo da rifare per Eluana. Il padre: sussulto di umanità.  Piero Colaprico – Tornerà ancora in tribunale a Milano la storia umana, sanitaria e giudiziaria di Eluana Englaro. E viene ammessa, per la prima volta in Italia, la possibilità di lasciar morire i pazienti nelle sue condizioni. Questa la decisione, emessa ieri dalla Corte di Cassazione. È stato infatti accolto l’ultimo degli otto ricorsi legali del padre e della madre della ragazza che, da oltre 15 anni, è in stato vegetativo permanente. Eluana viene tenuta «artificialmente in vita mediante un sondino naso gastrico che provvede alla sua nutrizione e idratazione». E siccome lei non può dire più come la pensa, in questi anni, è stato papà Beppino a«dare voce a chi non ha voce». Ed ecco che cosa ha disposto la prima sezione della Cassazione rimandando il fascicolo del processo alla Corte d`Appello di Milano: «Il giudice – si legge in sentenza può autorizzare la disattivazione» del sondino. Niente, insomma, è più come prima. La Cassazione spiega che la decisione va presa «unicamente in presenza» di due presupposti. Il primo è tecnico. Scatta «quando  la condizione di stato vegetativo sia in base ad un rigoroso apprezzamento clinico, irreversibile». E, dunque, quando i medici escludono «la benché minima possibilità di un qualche, sia pure flebile, recupero della coscienza e di ritorno a una percezione del mondo esterno»
Il secondo requisito è umano: è necessario che la richiesta di lasciar morire il paziente «sia realmente espressiva, in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, della voce del paziente medesimo». E cioè, ha stabilito la Cassazione, serve che questo venga fuori «dalle sue precedenti dichiarazioni ovvero dalla sua personalità, dal suo stile di vita e dai suoi convincimenti». Paletti rigidi: tanto rigidi che in caso contrario, «il giudice deve negare l`autorizzazione, dovendo allora essere data incondizionata prevalenza al diritto alla vita».

Una sentenza depositata in una singolare coincidenza: proprio il 4 ottobre, quando la causa era stata avviata, papà Beppino, per un contrattempo, non era in aula. E ieri per tutto il giorno gli avvocati l`hanno cercato, ma solo a tarda sera, grazie a un cronista dell`Ansa, ha saputo della decisione. «De- vo leggere, devo capire, ma è comunque una decisione sensazionale. Ci trovo un sussulto di umanità e di libertà, che sinora era negato a mia figlia e a quelle persone, come lei, che diventano vittime sacrificali delle procedure. Io chiedevo che venissero stabilite delle regole e i giudici questa volta l`hanno fatto», dice Beppino. E aggiunge: «Mia figlia non accettava di vivere in un letto senza alcuna consapevolezza e, se i giudici vedranno quello che è sotto gli occhi di tutti noi familiari, sarà finalmente rispettata la sua volontà».

Le polemiche sembrano lontanissime dalle venti pagine della sentenza numero 21748, che ripercorrono la strada scelta dagli Englaro, a partire dal 2 febbraio 2006, quando l’ avvocato Cristina Morelli sollevò per prima la questione. Il batti e ribatti nelle aule è cambiato quando Franca Alessio, curatore speciale, e il professor Vittorio Angiolini, sono riusciti a far ascoltare dai giudici le voci delle amiche di Eluana. E a sollevare l`attenzione su alcuni concetti cardine che la Cassazione riprende. Ogni volta che si cura qualcuno, è necessario avere il suo consenso. Ed esiste un confine netto tra il cercare di curare (o di non far soffrire) e quella cosa che viene chiamata, con un’ espressione forse un po` troppo violenta, «accanimento terapeutico». «di rifiuto delle terapie medico-chirurgiche, anche quando conduce alla morte, non può essere scambiato per un’ ipotesi di eutanasia», stabilisce la Cassazione. Anzi, è una semplice «scelta, da parte del malato, che la malattia segua il suo corso naturale». Perciò la nostra Costituzione, «basata sul pluralismo dei valori», dà la possibilità al tutore di chi non può più esprimersi di chiedere di «staccare» le terapie. E «non v`è dubbio che l’idratazione e l’alimentazione artificiali con sondino naso gastrico costituiscono un trattamento sanitario». Però c’è un però. «Diversamente da quanto mostrano di ritenere i ricorrenti, al giudice non può essere richiesto di ordinare il distacco del sondino». Il giudice può fare lo stesso qualcosa di importante: «autorizza o meno la scelta compiuta dal tutore». «Non c`è dubbio, con questi criteri, i giudici d`appello lasceranno morire Eluana», dice l`avvocato Alessio. Le carte ora tornano a Milano. Dall’incidente che spezzò il collo a Eluana sono passati 5.390 giorni.